La famiglia di Ciro Perrucci, l’operaio di 61 anni deceduto nel crollo di un muro di contenimento di un cantiere edile a Pianura, chiede che sia fatta giustizia. La sorella Annamaria, in un’intervista per il quotidiano Il Mattino, ha raccontato gli ultimi istanti di vita del fratello, ha raccontato che uomo fosse il fratello e quanto fosse benvoluto dall’intero quartiere.
La famiglia di Ciro Perrucci chiede giustizia
Quella mattina Ciro era tornato a casa per andare a prendere del caffè da portare agli operai, la sorella Annamaria ha spiegato che non lavorava lì, Ciro era un operatore dell’Asia e stava solo dando una mano in un cantiere a pochi passi dalla sua abitazione.
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“Ciro era tornato a casa e aveva detto alla moglie che portava un po’ di caffè ai ragazzi del cantiere e poi sarebbe rincasato. “Torno tra poco” le aveva detto. Doveva essere una questione di una manciata di minuti e, invece, non è mai più tornato“, questo il racconto sugli ultimi minuti di vita di Ciro.
La famiglia vuole sapere quali fossero le misure di sicurezza adottate dall’impresa edile: “L’unica cosa che chiediamo è che sia fatta giustizia e chiarezza sull’accaduto. Vogliamo sapere la verità sia sul cantiere e sui lavoro che stava eseguendo, e sul perché Ciro si fosse trattenuto al suo interno. Proviamo tanta rabbia e dolore perché non riusciamo a farci una ragione di questa tragedia che ci ha negato anche la possibilità di piangerlo e stargli vicino”.
Annamaria appena ha saputo dell’incidente è arrivata sul posto, con la famiglia ha aspettato tre ore sperando che riuscissero a trovare Ciro in vita, ma purtroppo le cose non sono andate così: “Gli ho tenuto la mano quando lo hanno estratto dal cumulo di terra che lo aveva sotterrato. Non ho detto una parola ma l’ho stretto a me. Avevamo aspettato tre ore, sperando che potesse salvarsi o che non fosse stato sotterrato (…). Adesso mi hanno strappato un pezzo di cuore e la moglie e i figli sono lacerati dal dolore perché non si può morire così”.
