La madre muore, il padre è anziano e si trova in una casa di riposo. L'appello disperato di una figlia
La mamma è deceduta lo scorso 17 marzo ma le sue ceneri non hanno ancora avuto degna sepoltura e sono in custodia presso l’agenzia funebre. Colpa dell’emergenza causata dal coronavirus? Si, ma soprattutto della burocrazia.
Le vittime di questa storia sono un padre e una figlia che semplicemente vorrebbero far riposare in pace i resti della rispettiva moglie e madre. Tuttavia a poter deporre le ceneri presso lo spazio acquistato al cimitero può essere solo il papà della donna.
Quest’ultimo è anziano e si trova in una casa di riposo. È evidente che ai tempi del covid19 far uscire e andare in giro un anziano potrebbe essere un rischio troppo grande. Allora la figlia ci ha provato, mostrando documenti, deleghe e autocertificazioni. Addirittura proponendo una videochiamata nella quale il papà autorizzasse l’intera procedura.
Ma non c’è stato niente da fare. “Non ci è stato permesso di accedere agli spazi che mio padre ha acquistato per un intoppo burocratico che si potrebbe risolvere immediatamente pretendono che lui, anziano e residente in una casa di riposo, debba recarsi fisicamente al cimitero, mettendo a rischio la propria salute. Gli addetti ci hanno riferito che non potevamo trasportare le ceneri perché occorreva la presenza di mio padre, in quanto proprietario degli spazi in questione gli abbiamo fatto presente che, per motivi di salute, non è possibile dal momento che una volta uscito, non potrebbe neanche rientrare nella casa di riposo“.
Ha raccontato la figlia a Il Mattino: “Mio padre, come per tutti gli anziani, va tutelato in ambiente protetto e persino noi familiari, in questi giorni, non possiamo entrare nella residenza per non mettere a rischio la salute di tutti- continua la donna- inoltre, se uscisse non verrebbe riammesso all’interno, sempre per le misure preventive in corso. Sono arrivata persino a chiedere se potevamo fare una videochiamata in modo che mio padre gli potesse comunicare la volontà di accogliere le ceneri di mia madre, da cui era divorziato ma per la quale ha sempre nutrito rispetto e affetto. Mi hanno detto di aspettare che l’emergenza finisca come se mia madre fosse un pacco postale- tuona la figlia- mi stupisce che la nicchia che afferisce all’Arcidiocesi di Pozzuoli, non contempli un po’ di umanità in una situazione di lutto resa ancora più dolorosa dalle restrizioni per il Covid“.
“Non si tratta solo del fatto che in questo momento di blocco delle attività lavorative non potremmo certo permetterci di comprare un’altra nicchia qui si tratta di dare una degna sepoltura a mia madre che come tutte le persone che stanno perdendo la vita ora, non possono avere neanche un funerale. Mia madre non aveva il Coronavirus se all’ospedale San Paolo le avessero fatto subito il tampone, avrebbero evitato di farle fare un’odissea col trasporto in ambulanza al Cotugno dove non è mai stata accettata perché mancava il risultato del tampone e avrebbero evitato il successivo isolamento nel presidio di Fuorigrotta, dove non abbiamo potuto esserle al fianco perché il risultato negativo del tampone è arrivato dopo la sua morte“.
“Le anomalie nell’assistenza prestata a Rosaria Saraceno, evidenziando errori di valutazione e di gestione del paziente. dopo sei giorni in ospedale, tra sbattimenti da un ospedale all’altro, ancora dovevamo ricevere i risultati di questo maledetto tampone. Per dare un po’ di pace a mia madre e sistemare le sue ceneri nel cimitero“, ha concluso.

