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Il Medico-ricercatore, una figura in via di estinzione? Oggi il meeting del Neapolitan Brain Group con Tigem

Saving the Endangered Physician-Scientist” è l’appello apparso in un editoriale del New England Journal of Medicine lo scorso agosto che sottolinea la vitale importanza di formare medici dotati della capacità di elaborare e portare a termine progetti di ricerca. Dal presupposto che è necessaria una solida base di ricerca per garantire la qualità della pratica medica, è nato il IX meeting del Neapolitan Brain Group, guidato dal prof. Ennio Del Giudice, svoltosi in collaborazione con l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli, diretto dal prof. Andrea Ballabio.

“Con la creazione del Neapolitan Brain Group abbiamo cercato di incoraggiare e rendere più stabili le relazioni scientifiche tra clinici e ricercatori, investendo in particolare sulle giovani leve, con la speranza di avere un futuro con più ricerca nei programmi formativi”, sottolinea Del Giudice. Nato in Campania nel 2015, il gruppo, di recente costituitosi come associazione non profit, con l’intento di promuovere il confronto tra medici prevalentemente dediti alla clinica e ricercatori di base, ha organizzato sino ad oggi 8 meeting, nell’ambito dei quali sono stati discussi i risultati delle ricerche di più di 150 tra medici e ricercatori di base, giovani in formazione delle diverse Università e di Enti di Ricerca della Campania, quali tirocinanti e tesisti, specializzandi, dottorandi, borsisti post-dottorato.

“Molte malattie sono, infatti, ancora prive di cause certe e definite. Per poter realizzare concretamente la cosiddetta medicina di precisione sono necessari medici-ricercatori che abbiano capacità adeguate, sia nella biologia di base sia nella medicina clinica- continua Del Giudice-purtroppo, però, negli Stati Uniti, negli ultimi 40 anni, la proporzione dei medici coinvolti nella ricerca è scesa da circa il 5% a poco più dell’1% ed anche in Italia si è verificato più o meno lo stesso fenomeno ascrivibile all’enorme difficoltà, da parte dei giovani medici che scelgono di iniziare un dottorato di ricerca, di affrontare un iter accademico che si rivela poco incoraggiante”.

“Proprio per avvicinare gli studenti al mondo delle ricerca – precisa il prof. Luigi Califano, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II – la Scuola medica federiciana incoraggia gli studenti a svolgere attività di ricerca, in particolare nella fase di preparazione alla tesi di laurea, anche con premi offerti dal comitato etico”.

Il meeting di oggi si è articolato in due sessioni, precedute da due letture magistrali, rispettivamente sul ruolo emergente dei condotti cellulari denominati TNTs (tunnelling nanotubes) e sulle malattie neurodegenerative. Sono seguite due sezioni denominate: From the bedside to the bench e From the bench to the bedside in cui due clinici e due ricercatori di base si sono confrontati sui contributi personali che ciascuno è in grado di fornire alla comprensione e al trattamento delle patologie del sistema nervoso. Infine, alcuni giovani ricercatori hanno presentato i propri risultati scientifici, a seguito di una selezione condotta da una commissione di esperti nazionali e internazionali.

“La nostra ricerca spazia dall’interpretazione dei meccanismi molecolari delle malattie genetiche sino alla sperimentazione clinica di strategie terapeutiche innovative. Risulta dunque evidente quanto le fasi della ricerca e della clinica siano strettamente collegate tra loro a doppio filo, in maniera imprescindibile”, precisa Andrea Ballabio.