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Napoli e la buona amministrazione

Di recente il professor De Masi, sul tema della cattiva amministrazione che accresce il degrado cronico di Napoli, ha sottolineato l’evidenza e l’amarezza di quel che vediamo ogni giorno, camminando per le strade della città-modello vantata dal sindaco De Magistris.

Verrebbe da chiedersi: modello di che? Modello sarebbe stato se nei dieci anni della sua “rivoluzione”, il sindaco avesse tentato di invertire l’andamento delle cose così come descritto da De Masi. E invece, la politica trasformata in slogan e in manifestazioni populistiche e farsesche (una su tutte, la “flotta” per andare a recuperare i migranti in mezzo al mare), non ha fatto altro che ampliare i fronti del degrado cittadino.

Se solo si fosse usata “l’oculatezza del buon padre di famiglia”, molte cose in questa città si sarebbero fatte con concretezza, al posto dei tantissimi disastri che invece si sono procurati.

Perché il degrado di cui si parla oggi, è frutto anche di scelte poco oculate, prima su tutte la rinuncia al polmone finanziario garantito dalla buona gestione del patrimonio immobiliare del Comune, così come accadeva ai tempi della Romeo Gestioni, che pur tra mille possibili notazioni, garantiva flussi di denaro (40 milioni di euro circa all’anno) che avrebbero aiutato a risolvere molte questioni legate, appunto, al degrado.

Quei soldi (o buona parte di essi, visti i vincoli di bilancio) potevano servire per pulire le strade; manutenere i giardini; stappare i tombini che scoppiano alla prima pioggia (presto in arrivo); pagare stipendi e straordinari per garantire maggiore sicurezza e controllo delle strade; progettare una riqualificazione armonica, elegante e civile del “Lungomare Liberato”; favorire un piano di manutenzione delle strade; innescare una politica di servizi veri, costanti, efficienti e moderni per il cosiddetto boom turistico che boom non è, e che porterà ulteriore degrado quando finirà, perché non sorretto e non alimentato da politiche e servizi degni di tal nome.

La qualità della vita di una città moderna, si misura solo con la qualità dei servizi alle complessità che essa accoglie. Questi servizi non si possono improvvisare con un carrozzone tipo Napoli Servizi. Meglio sarebbe stato utilizzare meglio, indirizzare e sfruttare con intelligenza e senza vuoti ideologismi le competenze specifiche di privati così come accade nelle vere metropoli e anche nei piccoli centri, dove chi amministrava o amministra, ha fatto politica e non “ammuina”.