Arrestati per rapimento a causa di un debito, entrambi sono di nuovo liberi. La somma in questione sarebbe servita per l'acquisto di un locale
Sono stati scarcerati su decisione del Tribunale del Riesame Salvatore Bonavolta, 34 anni, e Alberto Sassolino, di 37, arrestati nelle scorse settimane con l’accusa di rapimento e sequestro di persona con aggravante mafiosa. Accolte, dunque, le istanze della difesa presentate dall’avvocato Salvatore D’Antonio. Bonavolta e Sassolino avrebbero rapito il cognato di Rosario Del Vecchio, agente della polizia penitenziaria in servizio in Lombardia, per riavere indietro una somma di denaro a lui prestata.
Il Tribunale delle Libertà – secondo quanto appreso da VocediNapoli.it – avrebbe appurato l’esistenza di un falso verbale di sequestro dell’importo al centro della questio e prodotto, probabilmente, proprio da Del Vecchio. Inoltre, alcune intercettazioni, avrebbero dimostrato il vero motivo del prestito: non centrerebbero né la criminalità organizzata e neanche la droga (così come ipotizzato dagli inquirenti) ma i soldi sarebbero serviti per l’acquisto di un ristorante.
Bonavolta (difeso dal penalista D’Antonio) e Sassolino, entrambi ritenuti dagli investigatori vicini al clan Mazzarella, sono stati tra i protagonisti, lo scorso 6 e 7 febbraio, del rapimento a Capua del cognato di Del Vecchio, presunto debitore nei confronti della famiglia Bonavolta. L’importo al centro della questione è di 350mila euro. Soldi che, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbero serviti per acquistare una partita di droga per conto del clan Mazzarella.
Il commando del clan, composto anche da altre quattro persone non ancora identificate, ha rapito il cognato di Del Vecchio per portarlo a San Giovanni a Teduccio, “quartier-generale” dei Mazzarella. Ad incastrare Bonavolta e Sassolino, sarebbe stata la moglie della persona rapita, che avrebbe riconosciuto uno dei due rapinatori, facendo partire le indagini dei carabinieri.
Il legale di Bonavolta, tuttavia, porta avanti una linea difensiva diversa. Secondo il professionista, nella vicenda non c’entrerebbero nulla, né la camorra, né la droga. La verità sarebbe tutt’altra. Bonavolta, secondo quanto appreso da VocediNapoli.it, avrebbe prestato la cifra in questione (350mila euro ndr.) a Del Vecchio per l’acquisto di un ristorante. L’uomo avrebbe giustificato la perdita della somma di denaro ricevuta producendo un falso verbale di polizia giudiziaria.
Insomma, alla base della vicenda – secondo la versione dell’avvocato – ci sarebbero delle motivazioni commerciali. Bonavolta, sentendosi truffato da Del Vecchio, avrebbe reagito in modo criminale. Quindi, per D’Antonio, anche l’aggravante mafiosa sarebbe inesistente.
Secondo il legale, Bonavolta (fratello di Mariano e Luigi finiti ai domiciliari in seguito ad un blitz dello scorso luglio contro il clan Mazzarella) apparterrebbe ad una famiglia di commercianti. Molti gli episodi, passati ed anche recenti, che hanno visto la famiglia come presunte vittime di racket. La prima, sulla quale è stata pronunciata una sentenza, riguarderebbe l’incendio di un negozio per la vendita di scooter all’ingrosso, di proprietà del padre di Bonavolta. L’episodio, prontamente denunciato alle autorità, portò alla condanna di diversi esponenti del clan Sarno.
Invece, a novembre del 2017 e a giugno dello scorso anno, prima una bomba e poi un incendio, hanno distrutto completamente un locale sito in via Pessina in pieno centro di Napoli. Anche questo esercizio commerciale sarebbe riconducibile alla famiglia Bonavolta.

