Voce di Napoli | Navigazione

Mia Martini e la sfortuna: chi mise in giro le maldicenze sull’artista e per quale motivo

Vittima di vergognosi pregiudizi e maldicenze, Mia Martini, è stata, ed è ancora oggi, l’esempio di come la cattiveria possa rovinare la vita delle persone. Una carriera all’apice fatta di sacrifici, talento e personalità che a qualcuno non andava a genio. Poco è bastato per far che si creassero e che poi venissero alimentate nel tempo, voci sul fatto che Mimì portava sfiga. Anche nel film, andato in onda martedì sera su Rai Uno, si affronta questo argomento, che causò la distruzione della carriera di Mia Martini e probabilmente anche la sua morte.

E’ la sorella Loredana Bertè a raccontare  nel dettaglio come e quando nacquero le voci, all’interno della sua biografia . “Da qualche mese aveva iniziato a stare veramente male. Vedeva topi ovunque. Era smarrita. Perduta. Affranta da troppi anni di maldicenze e invenzioni. Quella storia della sfiga, l’etichetta volgare e vigliacca che le appiccicarono addosso come fosse un prodotto da bancone del supermercato, la umiliava e la feriva.

La leggenda era nata all’inizio degli anni Settanta. C’era stato un concerto in Sicilia. Era finito tardi. Mimì si era raccomandata con la band: ‘Avete l’albergo pagato, dormite qui, mi raccomando’. Ma i ragazzi, come capitava allora, avevano pensato di arrotondare la diaria viaggiando di notte. Ebbero un incidente, fecero un frontale, ci furono dei morti e i giornali iniziarono a pubblicare foto degli spartiti di Mimì insanguinati e a insinuare che non avesse voluto pagare l’hotel.

In un ambiente falso e scaramantico com’è quello della musica, bastò e avanzò. «Mimì porta iella» si diceva a mezza voce e l’infamia si fece largo. (…) Al tempo dei rifiuti continui, delle spalle voltate e degli amici di un tempo che facevano finta di non conoscerla, Mimì era tornata indietro alla ricerca delle proprie origini. Si era trasferita a Bagnara Calabra. Proprio in un posto che odiavo e non avevo mai capito, mia sorella era andata alla ricerca dei perché.(…) Mimì aveva nuotato controcorrente, ma nonostante a un passo dalla fine cantasse in modo divino, pareva aver perso forza e voglia di continuare a farlo. Dopo la parentesi di Bagnara, si era ritirata per un periodo a Calvi dell’Umbria. Mandai Renato in avanscoperta, ma in quel momento Mimì non voleva vedere nessuno. Gli stavano sul cazzo tutti. Da Renato in giù.

Andò a Milano, poi prese quel monolocale a Cardano al Campo. A un passo da Malpensa. Con gli aerei che le rombavano sopra la testa, la puzza di benzina, le grate alle finestre e la solitudine intorno. L’appartamento, un appartamento del cazzo, glielo trovò nostro padre. Le avrebbe potuto trovare un castello, ospitarla, accudirla, ma le riservò il peggio. Il posto più degradato, anonimo, immeritato per qualsiasi finale. (…)”.

LEGGI ANCHE: MIA MARTINI E IL NAPOLI

Con queste parole l’artista racconta un percorso che segnò sia la carriera che la vita personale di Mia Martini, una delle più grandi interpreti della musica italiana. Voci che avevano portato Mimì a ritirarsi e poi a tornare per ricominciare proprio sul palco di Sanremo con il brano “Almeno tu nell’universo” nel 1989. Dopo qualche anno, nel 1995, Mia Martini viene trovata morta nella sua casa, da sola. Sono molte le supposizioni sulla misteriosa dipartita della grande artista. Ufficialmente si parla di arresto cardiaco dovuto alla malattia, un fibroma non curato. Ufficiosamente si è sempre pensato a un suicidio, a una voglia di non lottare, di arrendersi.

Mia Martini raccontava:

“La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival, perché con me nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo, per cui decisi di ritirarmi. Tra i primi a dire che porto jella sono stati Patty Pravo e Fred Bongusto. Poi è stata la volta della RAI che ha cominciato a non mettere più in onda le mie canzoni. Quindi i discografici, che rifiutavano le mie canzoni. La delusione più cocente me la diede Gianni Boncompagni, un amico per l’appunto. Una volta fui ospite a Discoring, lui era il regista. Appena entrai in studio sentii Boncompagni che diceva alla troupe: ragazzi attenti, da adesso può succedere di tutto, salteranno i microfoni, ci sarà un black out”.

LEGGI ANCHE: L’AMORE DELLA VITA DI MIA MARTINI

All’indomani del film anche Biagio Antonacci su Instagram ha voluto dire la sua su questa storia della sfortuna:

“Io e Mimì ……… Mia Martini è stata una donna eccezionale nella mia vita. Lei venne a Rozzano nella casa di mia madre che ci fece da mangiare una ‘cofanata’ di pasta con il pesce. Poi io mi misi al piano e lì cantai ‘Il fiume dei profumi’ nello studiolo di casa dove dormivo anche. Lei si mise là, umilissima, e disse ‘Questa canzone la canto io’. Poi ascoltò ‘Liberatemi’ e mi disse che sarebbe stato un successo pazzesco. E infatti accadde. Ma non accadde solo questo. Certe persone che mi dissero allora di non lavorare con lei perché portava sfortuna (e furono tanti in quel periodo) alla fine la presero sui denti perché il disco vendette moltissimo alla faccia di quelli che oggi non fanno più nemmeno i discografici”.