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Campi Flegrei: “Eruzioni freatiche improvvise , evacuazioni progressive sul modello giapponense”

Non c’è allarme, ma molta preoccupazione per quello che sta accadendo ai Campi Flegrei (Pozzuoli, Napoli). Una ricerca elaborata da un gruppo di studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) presentata a Napoli a fine novembre, nel corso di una due giorni dedicata alla situazione dell’area flegrea e dell’isola d’Ischia. Gli scienziati, prendendo come riferimento l’eruzione giapponese del vulcano Ontake nel 2014 hanno parlato di “rischio di esplosioni freatiche, in maniera improvvisa e senza precursori evidenti“.

La ricerca è stata pubblicata sul Bulletin of Vulcanology lo scorso settembre. Il Corriere del Mezzogiorno sintetizza così:

“In caso di forte agitazione del sottosuolo o per il passaggio di un’onda sismica, la quantità totale di gas diffuso può aumentare notevolmente. Si può creare così un effetto di sovrapressione che non riesce ad essere smaltita e in aree sismicamente attive, (ad esempio la Solfatara) uno scenario simile non è improbabile e potrebbe portare a un’esplosione improvvisa e localizzata senza preavviso”.

Su YouTube i video con le registrazioni della due giorni, che erano stati pubblicati, risultano però non essere più disponibili per questo bisogna rivolgersi direttamente ai ricercatori che si stanno occupando da tempo della problematica situazione dei Campi Flegrei. Giuseppe De Natale, vulcanologo, già direttore dell’Osservatorio Vesuviano, ha espresso su Facebook la sua opinione su come affrontare la crisi nei Campi Flegrei:

“Si parla molto dei Piani di emergenza e della crisi in atto ai Campi Flegrei. Come opinione personale, dettata dalla mia esperienza lavorativa, vorrei chiarire alcune cose al riguardo. Prima di tutto, spesso alcuni pensano che si vogliano tenere segreti i risultati delle ricerche scientifiche; come se gli specialisti del settore sapessero tutto, ma per vari motivi non volessero diffondere questa conoscenza alla popolazione. Purtroppo non è così; sistemi estremamente complessi e non riproducibili in condizioni controllate sono molto difficili da interpretare in maniera deterministica”.

Sull’evacuazione inoltre il ricercatore si è espresso prendendo come riferimento i piani di emergenza della città di Kagoshima, nel Sud del Giappone, che ha un vulcano somigliante a quello di Napoli, il Sakurajima:

“Il problema più grande, però, è che le nostre zone rosse contengono 700-800 mila persone. Questo vuol dire che un’evacuazione comporta dei disagi infiniti per la popolazione e dei costi economici stratosferici […] Un approccio diverso ci fu spiegato dal professor Masato Iguchi, Direttore dell’Osservatorio del Sakurajima, quando visitò l’Osservatorio Vesuviano. piani di emergenza da loro prevedevano una serie di livelli (più o meno come i nostri) in cui però, partendo da un certo livello, si iniziava ad evacuare la popolazione in un piccolo raggio intorno alla probabile bocca eruttiva; e ad ogni livello successivo, aumentava progressivamente il raggio dell’area da evacuare. In questo modo, si rende l’evacuazione progressiva, a partire da un certo livello ed ampliando la zona evacuata man mano che i segnali precursori divengono più chiari e più critici. Forse, un tale approccio potrebbe essere ancor più appropriato nelle nostre aree”.

Dunque le aree più a rischio secondo il ricercatore ci sono. “La zona più esposta a rischio nei Campi Flegrei, come oggi tutti gli indicatori puntano, è quella di Solfatara-Pisciarelli; pertanto, probabilmente un piano simile prevederebbe ad esempio l’evacuazione dell’area Solfatara-Pisciarelli-Agnano. Se non altro, perché oggi molte ricerche evidenziano il problema di possibili esplosioni freatiche in zona”.