Amante del calcio e dei motori, Marco Di Lauro, 37 anni, quarto figlio di Ciruzzo ‘o milionario, è un fantasma da quasi 13 anni. Durante l’ultima puntata di “Un giorno in pretura“, in onda sabato sera su Rai 3, dove è andato in scena il processo in Appello (celebrato nel 2012) sull’omicidio di Attilio Romanò (il 29enne ucciso per errore in un negozio di telefonini a Secondigliano il 24 gennaio 2005), sono state riproposte alcune dichiarazioni dei collaboratori di giustizia del clan Di Lauro che hanno raccontato come Marcuccio reclutava i giovani killer durante la latitanza del padre e il periodo di detenzione dei fratelli maggiori (Cosimo e Vincenzo).
A parlare i pentiti Carmine Cerrato e Carlo Capasso, affiliati in passato al clan di via Cupa dell’Arco. Secondo il racconto di Cerrato dopo “l’arresto di Cosimo Di Lauro, le decisioni le prendeva Marco Di Lauro. Reclutava queste nuove leve, ragazzi di giovane età, giocando a calcio. Si trattava di bravi ragazzi, che non avevano commesso reati fino a quel momento, tutti giovanissimi che iniziavano ad abbandonare il lavoro e seguire Marco Di Lauro. Erano da lui selezionati e stipendiati. Venivano cresciuti come dei cuccioli di pitbull destinati poi al combattimento”. Dal clan veniva impartita una vera e propria educazione criminale: “Appena vedevano che uno era predisposto per la malavita subito lo indirizzavano e assoldavano come killer”.
Interessanti anche le dichiarazioni di Carlo Capasso, entrato nel clan ad appena 15 anni. Un anno dopo, “il 17-18 gennaio del 2005 sono entrato a far parte del gruppo di fuoco del clan Di Lauro. Sono cresciuto lì a Secondigliano e giocavo a pallone con Marco Di Lauro”.
