La vicenda della cittadinanza onoraria conferita a Diego Armando Maradona ha assunto delle sfumature interessanti, ridicole e malinconiche allo stesso tempo. Interessanti perché il comune di Napoli ha manifestato tutta la sua incapacità di organizzare l’evento, promuoverlo con una strategia di comunicazione adeguata, e sostenerlo con una prontezza che avrebbe dovuto difendere l’istituzione dalle polemiche e gli attacchi ricevuti. Invece, è finita con il sindaco Luigi De Magistris che non è salito sul palco di Piazza del Plebiscito perché impaurito dalla folla che lo avrebbe fischiato. E per il sindaco zapatista, Masaniello e popolare, che ha aizzato contro il Nord e lo Stato i cittadini fin dal primo giorno del suo mandato, una contestazione di quelle dimensioni sarebbe stato un colpo durissimo. Ridicole perché si è assistito ad una sceneggiata che ha fatto acqua da tutte le parti: l’organizzazione, la mala gestione evidenziata dalla polemiche (alcune costruite ad hoc) nei confronti degli aspetti economici dell’iniziativa, il flop numerico dimostrato dalla poche migliaia di persone presenti in piazza. Malinconico perché i fatti hanno reso chiaro come Napoli non sia in grado di spiccare il volo dal suo passato. Un passato trionfale e prestigioso che però in più ambiti diventa zavorra. Non motivo di slancio, ma causa di chiusura in un orgoglio partenopeo che acceca ed impedisce ogni movimento verso il futuro. Dai sentimenti neo borbonici, alla figura del grande Diego che ubriaco al taglio della torta diventa lo zimbello di chi si è fatto fotografare in sua compagnia. Una scena che ha letteralmente violentato la storia che molti, sindaco compreso, volevano utilizzare per rinforzare quel consenso popolare costantemente cercato.
La città esce sconfitta da questa vicenda perché ancora una volta non è stata in grado di costruire altro su quelle fondamenta che sono la sua cultura, la sua arte, la sua storia. Il brand “Napoli“, compresa la sua parte calcistica, non viene utilizzato come base per andare oltre, ma viene addirittura usurato, eroso, violato. Bisognerebbe capire che scalfendo e tagliando le radici, l’albero così come il castello, crollerà. Anzi, forse siamo già in caduta e non ce ne siamo accorti. È evidente come la classe politica della bella Partenope, regina di questo golfo meraviglioso e sorvegliato dall’inquietante e affascinante Vulcano, sia incapace di offrire una visione alla città. Non sia in grado di rispondere ad una “semplice” domanda: “Come sarà Napoli tra 10 anni?“. Incredibilmente, l’unico ad aver tratto vantaggio da tutto ciò, potrebbe essere stato il presidente azzurro Aurelio De Laurentiis. Il patron del Napoli è sempre stato fuori dai fatti e non si è fatto imbrigliare nell’intasato circuito mediatico che ha invece azzoppato il sindaco. Probabilmente il presidente ha capito che in certe circostanze è meglio tenere la bocca chiusa, azione difficile per un carattere estroso come il suo, ma che fa guadagnare punti, cosa che in questo caso il sindaco non ha ben compreso. Ma del resto Adl è sempre stato restio nei confronti di questo continuo paragone tra passato e presente che i napoletani fanno in modo morboso e viscerale. Non solo, ma il presidente si sta contendendo con il Comune la posizione dominante sulla trattativa per lo stadio e la convenzione del San Paolo. Insomma, per adesso De Laurentiis ha vinto ai punti.
Però una piccola speranza c’è, all’inizio ho parlato di tutta questa storia come interessante, ridicola e malinconica. Ho sbagliato, potrebbe essere stata anche benefica. Se questa volta il populismo ha dato una botta ai populisti (i probabili fischi a De Magistris) e il popolo si sia diviso sul fatto di conferire o meno la cittadinanza a Maradona (appena 10mila persone presenti al Plebiscito, invece dei 30mila previsti), potrebbe voler dire che Napoli in un certo qual modo è stanca di questo immobilismo perenne, sia culturale e soprattutto politico. Forse l’idea in cui il passato debba restare tale (senza essere dimenticato e che sia rivendicato senza estremismi), lasciando spazio al futuro, sta prendendo piede nei napoletani. Tuttavia non sembrano esserci nel contesto sociale, culturale e politico partenopeo, delle figure in grado di far germogliare e crescere questo seme di riscatto e rinascita.
