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‘O Cardalana, un antico mestiere napoletano ormai caduto in disuso

Che fareste oggi se il vostro materasso non avesse più il tono che possedeva un tempo, se il tempo e l’uso lo avessero appiattito facendogli perdere la morbidezza iniziale? Probabilmente ne comprereste un altro. Un tempo no, non si buttava niente. Un tempo, per restituire tono, elasticità e morbidezza al proprio materasso, bisognava chiamare almeno a Napoli ‘o cardalana, letteralmente “colui che carda la lana”.

In cosa consisteva esattamente il suo lavoro? Nel cardare, appunto, la lana, e cioè nello sfioccarla per aumentarne il volume e di conseguenza il comfort del materasso. Per effettuare quest’operazione ‘o cardalana utilizzava uno strumento antico, chiamato cardo o scardasse. Su un piano orizzontale fisso completamente chiodato, scorreva, sospinta dalle mani dell’artigiano, una sorta di mannaia piatta, chiodata a sua volta.

La lana veniva adagiata sulla piattaforma e sfilettata dall’attrito dei chiodi mobili con quelli fissi. La fitta rete di chiodi garantiva che il trattamento procedesse in maniera lenta e approfondita, in maniera tale che il fiocco di lana, da appiattito che era, fuoriuscisse dallo scardasse morbido, vaporoso, e accresciuto nel volume.

‘O cardalana veniva chiamato solitamente ogni 2-3 anni, ma c’era chi poteva permettersi di pagarlo ogni anno o ogni sei mesi. La sua paga consisteva inizialmente in 50 lire, poi in 100, fino ad arrivare agli anni ‘90, in cui gli veniva corrisposto un compenso di 50 o 60.000 lire. Un compenso forse fin troppo basso per la mole di lavoro che portava avanti l’artigiano.

Infatti i materassi un tempo pesavano in media 12-18 chili, in alcuni casi si raggiungevano i 35. E nel compenso erano compresi il lavoro di scucitura del materasso e ricucitura, necessari prima e dopo l’estrazione della lana. Per non parlare dei problemi di salute che derivavano dall’inalare quantità industriali di polvere e peli, e la durata del lavoro che poteva andare dall’intera giornata ai tre giorni.