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La lista dei vini rossi della Campania, un’eccellenza tutta italiana

Il vino ha da sempre accompagnato l’essere umano durante la sua storia evolutiva. Già a partire dal 1700 a.C. si hanno le prime testimonianze sulla coltivazione della vite. E’ però solo con la civiltà egizia che la produzione di vino diventa una vera e propria pratica abitudinaria. A questo punto è d’obbligo domandarsi quale sia la differenza tra vini bianchi e vini rossi! Senza affrontare l’argomento partendo dalla preistoria posso dirti che il colore dipende esclusivamente dal tipo di lavorazione a cui si sottopone l’uva.

Il vino bianco viene, ad esempio, ottenuto dalla spremitura dell’uva senza buccia e deve il suo colorito paglierino all’assenza delle vinacce durante la vinificazione. Discorso a parte merita, invece, il vino rosso che si ottiene utilizzando nella lavorazione uva fresca con la sua buccia colorata. L’intensità del suo colore dipenderà però dal tempo di macerazione delle vinacce e del mosto messi insieme. Leggenda vuole che, inoltre, il vino rosso faccia bene al cuore e allunghi la vita, ecco perchè anche in Campania non riescono proprio a rinunciarci.

VINI ROSSI

Taurasi

Si tratta di un vino difficile ottenuto da un’uva difficile da curare in vigna, eppure, ciononostante, il Taurasi possiede il dono dell’immortalità. Non a caso si tratta del vino rosso più celebre e rappresentativo della Regione Campania. Dunque si tratta di una bevanda per soli amatori, capaci di apprezzarne la nota amara finale.

Aglianico del Taburno

L’Aglianico è fondamentalmente prodotto in tre zone: Taurasi, Vulture e Taburno. Anche se coltivato in un clima più caldo e meno umido, le difficoltà incontrate in vigna per la sua manutenzione sono le stesse del Taurasi: bisogna attendere un po’ di tempo prima di strapparlo e soprattutto non è facilmente abbinabile in cucina.

Aglianico del Cilento

L’uva aglianica fu introdotta in Italia dai Greci. Non sorprende quindi che il suo nome originale fosse “Uva Ellenica”. Durante il Regno di Napoli gli Aragonesi però ne trasformarono la denominazione battezzandola “Uva Aglianica” per via della loro pronuncia della doppia “l” in “gl”.

Piedirosso

Si tratta del vino napoletano per eccellenza perchè la zona dove si esprime meglio sono i Campi Flegrei, come la Falanghina. Viene chiamato “Per ‘e Palumm” perchè il suo grappolo privato degli acini assomiglia ai piedi di un piccione.

Lacryma Christi rosso

E’ un vino ottenuto dal blend del Piedirosso con l”Aglianico, entrambi coltivati alle pendici del Vesuvio. Il nome “Lacryma Christi” pare sia stato attribuito a questi vini da alcuni monaci della cui preparazione custodivano i segreti.

Gragnano

E’ conosciuto anche come il vino della pizza o quello della salsiccia e dei friarielli! Fu coltivato per la prima volta alle pendici del Vesuvio dopo la sua eruzione del 75. Il successo del Gragnano però si può far risalire a una datazione precisa: l’avvento sul trono napoletano di Gioacchino di Murat.

Solopaca

E’ il vino più venduto nei supermercati della Campania e la sua storia si perde nella notte dei tempi. Leggenda narra che Orazio ne apprezzasse l’intenso aroma, che Gioacchino Murat lo paragonasse spesso a suo cugino Napoleone, e che Ferdinando II di Borbone, il re Burlone, così avesse esclamato: “A faccia do’ c……. Solopaca co’ sto’ vino è cchiù ricco ‘e Napule!

Pallagrello Nero

Questo vitigno è originario del casertano. Presenta acini sferici e grappoli piccoli. Detta conformazione gli è valsa il nome di piccola palla, altrimenti detto nel dialetto locale “U Pallarel”. L’uva fu portata in Italia dai coloni greci, successivamente se ne occuparono i romani che la battezzarono con il nome di “Pilleolata”.

Casavecchia

L’uva casavecchia fu chiamata così perchè i tralci tagliati per effettuare l’innesto su un’altra pianta furono trovati all’interno in un vecchio casolare abbandonato di campagna, a Pontelatone. Almeno questo è quello che leggenda comanda. Si tratta di un vitigno molto antico e misterioso.

Falerno Rosso

Era il vino più apprezzato nell’antica Roma tanto che il suo prezzo poteva equivalare a quello di uno schiavo. Molti furono gli illustri estimatori di questo vino rosso. Impossibile non citare, ad esempio, Plinio, Marziale, Orazio e Cicerone. Della gloria passata purtroppo è rimasto ben poco…

Barbera del Sannio

Nonostante il nome possa tradire un’origine piemontese, questo vitigno somiglia davvero poco all’uva piemontese, in come ha solo il nome. La sua storia si perde nella notte dei tempi ma risulta essere indissolubilmente legata al nome di Michele Pacelli che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si cimentò in detta coltivazione.

Tintore

E’ il vino rosso tipico della Costiera Amalfitana. Spesse volte confuso con l’Aglianico se ne differenzia per le maggiori difficoltà di manutenzione del vitigno: basse rese per ettaro, vendemmia tardiva, ed elevata acidità. Ciononostante è molto apprezzato soprattutto se abbinato a pietanze ben strutturate.

Montevetrano, Terra di Lavoro, Sabbie di Sopra il Bosco

Il Montevetrano è stato il primo rosso campano ad aver ricevuto punteggi alti da Robert Parker facendo nascere il mito di questo vitigno voluto fortemente dalla fotografa Silvia Imparato e dall’enologo Riccardo Cotarella, lo stesso che ha reso Terra di Lavoro un capolavoro assoluto. Cosa dire poi del vitigno situato nell’Alto casertano, Sabbie di Sopra il Bosco? Un blend perfetto con casavecchia, aglianico e pallagrello nero.