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Sorrentino: “A 16 anni Maradona mi salvò la vita. Napoli? Troppa violenza”

Da Maradona “che mi ha salvato la vita” alla città di Napoli “molto amata ma percorsa da una violenza esasperante”.

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In una lunga e interessante intervista al Corriere della Sera, Paolo Sorrentino parla a cuore aperto, rivivendo i drammatici momenti successivi alla morte dei genitori, avvenuta quando aveva 16 anni, e riservando parole belle e dure su la città di Napoli.

“MARADONA MI HA SALVATO LA VITA”

La forte passione per il Napoli, che ha trasmesso anche nei suoi film, gli ha salvato la vita quando aveva appena 16 anni. “A me Maradona ha salvato la vita. Da due anni chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il weekend in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo”. Poi la svolta: “Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli. Citofonò il portiere. Pensavo mi avvisasse che era arrivato il mio amico a prendermi. Invece mi avvertì che era successo un incidente”.

IL DRAMMA

“In questi casi non ti dicono tutto subito. Ti preparano, un poco alla volta. Papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa. Avvelenati dal monossido di carbonio. Io avevo sedici anni. Mia sorella più grande, Daniela, che già conviveva, venne eroicamente a vivere per un anno con me e mio fratello Marco. Poi rimasi da solo, nella casa al Vomero. Un tempo che ricordo come un limbo. Ero quasi in stato confusionale. Volevo fare lettere o filosofia, ma i miei cugini mi guardavano come fossi un alieno; così mi iscrissi alla facoltà che per me voleva mio padre, Economia. Non me ne sono pentito: mi piaceva. Cominciai però a scrivere sceneggiature. Mi mancavano cinque esami alla laurea, quando scelsi il cinema”.

IL RICORDO DEI GENITORI

“Mamma (Tina, ndr) era solare, accogliente, divertente. Radiosa. Papà (Sasà, ndr) era poco napoletano. Zitto, introverso, mai una parola; con lampi di ironia che ci rendevano felici. Toni Servillo me lo ricorda, con il suo rigore e le sue fiammate di ilarità irresistibile. I miei genitori erano di origine popolare, venivano dai Quartieri Spagnoli. Papà lavorava in banca, mamma a casa”.

Lo striscione dei tifosi napoletani dedicato al regista
Lo striscione dei tifosi napoletani dedicato al regista

POLITICA NON A CINQUE STELLE

Di Renzi Sorrentino apprezza “la sua smodata determinazione a cambiare l’atteggiamento rinunciatario di molti italiani. Disfattisti sino all’autoflagellazione. Rassegnati a dire no a tutto: no all’alta velocità, no alle Olimpiadi. Ma l’alta velocità è bellissima, in un’ora vai da Roma a Napoli. E mi fa uscire pazzo che una donna più giovane di me come Virginia Raggi sia contro i Giochi olimpici. Come fa una trentenne a non guardare al futuro?”.

Poi l’affondo al Movimento Cinque Stelle. “Non mi convincono per niente. Mi preoccupano. Dare addosso a un altro è molto più facile che costruire qualcosa: mi pare un’ingenuità non da poco che se ne accorgano solo adesso”. Sul Referendum il regista napoletano è ancora indeciso: “Non lo so ancora. Mo’ comincio a studiare”.

FUGA DA NAPOLI

“Napoli è una città molto amata, percorsa da una violenza esasperante. Mi sono trasferito a Roma quando sono diventato padre: mi spaventava che i miei figli crescessero là”.

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PRIMA VOLTA AL SAN PAOLO

“La prima volta che mio padre mi portò al San Paolo a vedere il Napoli ero molto piccolo. Il regista era Juliano, l’allenatore Vinicio, “o lione”. Papà era un tifoso personale di Vinicio, quando lo mandarono via smise di andare allo stadio. A dieci anni mi abbonai al Napoli di Krol. Maradona non l’ho mai conosciuto: gli ho parlato pochi secondi, quando mi chiamò sull’aereo che stava per decollare da Los Angeles dopo l’Oscar, con la hostess che mi diceva di spegnere. L’ho messo in scena in The youth: un attore argentino che palleggia con una pallina da tennis; ma è un trucco del computer. Messi non avrà mai il carisma di Diego, venuto a riscattare una squadra e una città che non avevano mai vinto”. Frequentava i boss, seminava figli. “È vero. Anche lui un cattivo. Ma il vizio faceva parte del suo carisma”. Lei cos’ha tifato nella semifinale del 1990 Italia-Argentina? “Come tutto il San Paolo: Argentina. Non puoi tifare contro l’uomo che ti ha salvato la vita”.

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