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Caso Tiziana Cantone: quando il giornalista non fa bene il suo lavoro

Tiziana Cantone, un nome divenuto noto a molti e pronunciato in ogni parte d’Italia un anno fa improvvisamente è tornato all’onore delle cronache. La ragazza 31enne di Napoli, resa nota per un video “hot” divenuto virale, consacrata nel web suo malgrado come una star, nella serata di martedì si è tolta la vita schiacciata dal peso del web. È il dramma della rete che non perdona e che non sa dimenticare, dove tutto quello che viene pubblicato e condiviso resta indelebile.

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Si cercano i colpevoli di questo suicidio, qualcuno da accusare: è stata colpa della ragazza che si è fatta filmare e presumibilmente ha inviato il video a qualcuno? E’ colpa di chi ha fatto il video? O di chi lo ha diffuso? Di chi lo ha caricato sui siti a luci rosse? Chi è l’assassino di Tiziana? In molti dicono: “Siamo stati noi tutti ad uccidere Tiziana Cantone“. Forse sono stati i video, le parodie, quella frase pronunciata dalla ragazza: “Mi stai facendo un video? Bravo” ad uccidere la giovane napoletana.

E i giornali? Non solo quelli online, ma le maggiori testate nazionali hanno dedicato articoli al fenomeno. Quali sono le responsabilità dei media in questo caso? I limiti del diritto di cronaca sono stati oltrepassati? Il fatto, a mio avviso, non sarebbe dovuto diventare una notizia. Il problema è proprio questo, quale interesse pubblico, quale scopo informativo ha una notizia del genere? Nessuno.

È il giornalismo che insegue il web. I fenomeni virali diventano notizia perché generano interesse nell’utente, questo genera click e i click fanno guadagnare. Si fermano qua le responsabilità del giornalista, al guadagno? Certo che no, ma evidentemente è vero l’esatto contrario. È controversa la questione. Il diritto all’oblio, all’essere dimenticato dal web, ad ottenere che i motori di ricerca cancellino certe notizie per una persona comune dovrebbe essere la priorità, ma questo non vale per tutti, non vale soprattutto per Tiziana Cantone, per lei il web non ha dimenticato oppure lo ha iniziato a fare quando ormai era troppo tardi.

La risposta alle domande è questa allora: la “notizia” non sarebbe dovuta proprio esistere. Se tutti i giornalisti avessero fatto il loro lavoro forse il caso non avrebbe avuto tutta questa attenzione mediatica, sarebbe scemato nel giro di poco tempo come è avvenuto con tantissimi altri casi simili, ma questo non è accaduto quindi, al di là del singolo episodio, dovremmo farci qualche domanda in più. Siamo davvero autorizzati a distruggere le vite delle persone per qualche click?