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Campi Flegrei, secondo i geologi ci sono “segnali preoccupanti”

A Napoli si sta svolgendo in questi giorni un convegno di esperti provenienti da tutta Italia organizzato dalla Società Geologica Italiana e dal titolo “Le Geoscienze in un pianeta in divenire, imparando dal passato, esplorando il futuro” tra gli argomenti in discussione lo stato dei Campi Flegrei e il recente terremoto di Amatrice.

Allarme Campi Flegrei: nuove norme di sicurezza in caso di eruzione

Erano 90 anni che la Società Geologica Italiana non indiceva un convegno e per farlo ha scelto proprio Napoli il cui territorio è da sempre stato fonte di studio e di conoscenza in ambito geologico e vulcanologico. Sulla scelta di Napoli è intervenuto anche il Presidente dell’Istituito di Geofisica e Vulcanologia, il prof. Carlo Doglioni: “Pericolosità altissima e rischio enorme. Quello vulcanico è tra i più alti al mondo” ed ancora “Napoli si trova in una delle zone che ha il maggiore rischio naturale possibile perché un’esplosione dei Campi Flegrei sarebbe uno dei più grandi disastri che potrebbe colpire l’Italia. Dobbiamo investire in conoscenza e istruire i cittadini“.

Napoli sta diventando sempre più un faro in tutto il mondo tanto che molto probabilmente sarà la sede  del prossimo convegno internazionale sulle città alle pendici dei vulcani (Cities on Volcanoes). Ritornando alla pericolosità dei Campi Flegrei il prof. Doglioni è stato chiaro: “potrebbe eruttare tra dieci giorni così come tra moltissimi anni e per non trovarsi impreparati bisognerà dare importanza maggiore alle geochimica come precursore di un eventuale eruzione“.

Sul Vesuvio solo dal novembre del 2015 è stata installata una stazione per monitorare in modo permanente la geochimica di una delle fumarole più importanti, la FC2. Fino ad allora si scendeva a fondo cratere una volta ogni tanto perdendo così dei dati geochimici molto importanti e rivelatori sullo stato di attività vulcanica. C’è sicuramente molto ancora da fare in termini di prevenzione e poter “controllare” questi fenomeni naturali. L’INGV segue molto da vicino la situazione vulcanologica in Campania ma purtroppo rispetto ai rilevamenti sullo Stromboli e sull’Etna, il Vesuvio e i Campi Flegrei sembrano seguiti con una attenzione minore.

Ad esempio i bollettini settimanali sui Campi Flegrei sono ancora molto scarni rispetto a quelli di altri vulcani. Manca ancora una diffusione in tempo reale dei sismi registrati sul Vesuvio, nei Campi Flegrei e a Ischia. Non vi sono i dati in tempo reale della geochimica dei nostri vulcani così come non vengono diffuse le immagini live del cratere del Vesuvio. Le parole del prof. Doglioni suonano oggi come un avvertimento anche al progetto “Scarfoglio” quello che vorrebbe la realizzazione di una centrale geotermica proprio nella caldera dei Campi Flegrei.

Uno studio scientifico dal titolo “Magma transfer at Campi Flegrei caldera (Italy) before the 1538 AD eruption” (link: www.nature.com/articles/srep32245) da poco apparso su Nature ci da l’esatta percezione della estrema pericolosità dei Campi Flegrei. L’ultima grande eruzione dei Campi Flegrei risale al 1538 ma negli ultimi anni ci sono stati episodi di crisi più o meno gravi e legati a movimento del suolo, a terremoti superficiali e a degassamento. Il nocciolo del problema è che come si propaga il magma era materia sconosciuta questo studio permette di tracciare una strada al risveglio del vulcano.

Mauro Di Vito, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV: “La ricerca ha permesso di ricostruire per la prima volta i fenomeni precursori dell’unica eruzione avvenuta nella caldera dei Campi Flegrei in epoca storica e la dinamica di risalita del magma che ha alimentato questa eruzione, sono stati definiti e ricostruiti i movimenti del suolo in venti punti localizzati lungo tutta la costa flegrea, da Capo Miseno a Nisida. E l’interpretazione dei risultati ha permesso la ricostruzione del trasferimento di magma pre-eruttivo ai Campi Flegrei sia nel breve (pre-1538) sia nel lungo termine (ultimi 5000 anni), con definizione delle relative aree di stazionamento. In particolare, nonostante i ripetuti sollevamenti nella parte centrale della caldera Flegrea, le eruzioni hanno sistematicamente avuto luogo al margine dell’area sollevata“.

Lo studio è stato interessantissimo e ci permetterà di definire ed interpretare meglio i fenomeni in corso nella caldera e aiuterà a prevedere la localizzazione delle bocche eruttive future. “Il nostro modello – continua Di Vito – è anche in accordo con i dati di monitoraggio di altre caldere attive che hanno recentemente eruttato nel mondo, che mostrano comportamenti simili, con eruzioni ai margini dell’area sollevata prima dell’eruzione. Ciò suggerisce che tali comportamenti costituiscano un’importante chiave di lettura per la generale comprensione della dinamica delle caldere“.

Ricordiamo infine che per i Campi Flegrei il livello di allerta è sempre giallo.