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È morto Carlo D’Angiò, poeta della musica napoletana

Carlo D’Angiò, il poeta del folk italiano, con una voce unica, è morto poche ore fa, a 70 anni, vinto da un tumore che se l’è portato via in pochi mesi. Come riportato da Il Mattino, ha avuto il tempo di registrare un’ultima volta con Eugenio Bennato, amico e compagno di sempre. Una straordinaria forza di volontà che l’ha tenuto vicino all’amico e compagno di sempre. I due hanno fondato la Nuova Compagnia di Canto Popolare e poi i Musicanova.

La storia della nostra musica: la NCCP

Con Roberto De Simone, a metà anni Sessanta, Carlo D’Angiò aveva fondato insieme a Eugenio Bennato e Giovanni Mauriello la Nuova Compagnia di Canto Popolare, in cui sarebbero poi arrivati  Peppe Barra, Patrizio Trampetti, Nunzio Areni, Lina Sastri (per un breve tempo), Fausta Vetere, Corrado Sfogli. La Compagnia ha sviluppato un sound unico, basato sul folk e la tradizione musicale campana e sudista. Protagoniste le tarantelle e le tammurriate, ma anche pizziche e tarante salentine oggi così di moda. Nel 1972 ci fù ll’addio di Bennato e D’Angiò dal gruppo che culminò nella rottura del 1976, dopo il successo di “La Gatta Cenerentola”, in polemica con la direzione scelta da Roberto De Simone.

È morto Carlo D'Angiò, poeta della musica napoletana

Musicanova

Il nuovo collettivo ha rappresentato un ponte tra la tradizione e nuove melodie popolari di Napoli e il Sud. Il gruppo è stato fondato nel 1976, con Tony Esposito, Teresa De Sio, Robert Fix, Pippo Cerciello, Gigi De Rienzo, Alfio Antico, Andrea Nerone, Francesco Tiano, Aldo Mercurio e tanti altri arruolati negli anni. I materiali non erano più tradizionali, il suono era meno educato, il ritmo più consapevole degli anni attraversati, il purismo il nemico principale. «Garofano d’ammore» (1976),  «Musica Nova» (’78), «Quanno turnammo a nascere» (1979) e «Festa festa» (1981) sono album importanti, come «Brigante se more», colonna sonora di «L’eredità della priora», storico sceneggiato Rai di Anton Giulio Majano (1980) tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Alianello: la title track fu il primo, e forse più importante in senso di impatto pubblico, tassello di rilettura storica in difesa dei briganti, diventando un vero classico del nuovo folk, come “Canzone per Juzzella” e il “Canto allo scugnizzo”.

È morto Carlo D'Angiò, poeta della musica napoletana

Solista e poi l’addio alla musica

Carlo D’Angiò non amava la routine musicale. Dopo che Bennato ha intrapreso una carriera artistica da solista, D’Angiò tornò al mestiere di ingegnere, per rifarsi sentire ogni tanto, sempre con Bennato, o con l’altro amico Patrizio Trampetti.

«Viva il Sud» del 2011, è stato il suo primo, e unico, disco da solista. Doppio: sul primo cd le nuove canzoni «che alle radici trovate un tempo con le ricerche sul campo aggiunge ora le radici che sono venute a trovare noi, cioè i suoni dei nuovi napoletani, algerini, marocchini, srilankesi, ucraini...»; sul secondo i classici di una carriera importante, da «Ex voto» alla «Tarantella del Gargano», la voce per fortuna mai educata, sgraziatamente indispensabile per inserirsi nel solco della lezione appresa dai Cantori di Carpino e da Matteo Salvatore, da Giovanni Coffarelli e dagli altri grandi cantatori popolari del secolo scorso, «oltre che naturalmente dal maestro di tutti noi, Roberto De Simone».

Ma erano i brani nuovi quelli di cui era più orgoglioso: «Sono i figli di cui ora mi preme più il futuro». Il brano che dava il titolo al disco, «Pepe nero» e «Rumba algerina» erano la colonna sonora di «una società allegramente contaminata da tutti i contributi che ogni popolo, ogni immigrazione può portarle. In fondo, quando con Bennato andammo via dalla Nccp, abbandonavamo la purezza del folk per andare alla ricerca di uno stile popolare. A vedere la vita che hanno avuto alcune canzoni dei Musicanova, a partire da “Brigante se more”, forse quello stile lo abbiamo trovato. Ma “popolare” vuol dire di popolo, e che oggi il popolo italiano sia un crogiuolo di razze è evidente a tutti, anche se la musica se ne è accorta prima dei politici, come spesso accade».

Se ne andato un grande della musica e della storia di Napoli. Ha cantato il Sud esaltando la tradizione, senza mai smettere di pensarne il cambiamento. Grazie Carlo.