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Il caso Juventus, tra bagarini, ‘ndrangheta e il suicidio di un tifoso

Il suicidio del tifoso Raffaello Bucci è come la classica goccia che fa traboccare il vaso. L’ultrà della Juventus era testimone (sentito dai magistrati), all’interno di un’inchiesta che si sta occupando del rapporto tra tifo organizzato bianconero e la ‘ndrangheta.

Il caso Juventus, tra bagarini, 'ndrangheta e il suicidio di un tifoso

Bucci, come riportato dalla Gazzetta dello Sport, era considerato uno dei nuovi capi del più importante gruppo ultrà bianconero: i Drughi. Non solo, da dipendente di Telecontrol ricopre da un anno il ruolo di capo addetto alla sicurezza delle biglietterie della Juve e consulente esterno in veste di Supporter Liaison Officer, figura di contatto fra club e tifoserie.
L’inchiesta che lo coinvolge riguarda i rapporti del clan torinese dei Dominello (legato a quello dei Pesce di Rosarno, uno dei più forti della ‘ndrangheta), sugli interessi legati alla droga, alle estorsioni e ai business in curva, soprattutto il bagarinaggio dei biglietti. Nelle indagini viene fuori il nome di Fabio Germani, big del tifo organizzato (e con ottime conoscenze tra la società bianconera), arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’indagine condotta dai magistrati vuole dimostrare che la ‘ndrangheta si è infiltrata nella curva della Juve, fino a determinare le scelte di potere per controllare i biglietti e avere una posizione di prestigio. Nelle carte della Procura compare il nome di Beppe Marotta. L’amministratore delegato della Juve non è indagato e gli episodi che lo riguardano sono tra il 2013 e il 2014. Nel primo c’è una richiesta di biglietti per la gara di Champions contro il Real. Germani li chiede per conto del boss Rocco Dominello, ma questo Marotta non lo sa. Soddisfa la richiesta del capo ultrà (chiedendogli massima riservatezza), lasciando la busta nell’hotel di Torino dove la Juve è solita andare in ritiro.
Nel febbraio 2014, poi, Marotta è al bar Dezzutto (ritrovo abituale degli juventini), lì lo raggiunge Germani in compagnia di Dominello. Il boss chiede a Marotta di organizzare un provino “per un giovane calciatore figlio di un amico”. L’amico è Umberto Bellocco, affiliato al clan di Rosarno dei Pesce che negli anni passati controllava direttamente due squadre di Serie D. Marotta li rimanda ai responsabili del settore giovanile, ma il ragazzo non sarà mai ingaggiato.

Nel frattempo non si sa dove sia finito un leader storico dei Drughi: Geraldo Mocciola, detto Dino, 52 anni. E il mistero si infittisce. Anche lui doveva andare dai magistrati per essere ascoltato come persona informata sui fatti. Il suo nome più volte spunta nelle carte dell’inchiesta. Frequenta Rocco e Saverio Dominello (condannati in primo e secondo grado per associazione di tipo mafioso) e a loro chiede in una sera del 2013 il via libera (che arriva) su un nuovo gruppo, i Gobbi, da far entrare in curva.