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Malafemmena di Totò, la vera storia della celebre canzone napoletana

Malafemmena sono note e parole immortali scritte dal principe Antonio de Curtis in arte Totò, ovunque ci si trovi appena si ascolta quel “femmena” si viene rapiti da quel sentimento partenopeo, da quel lirismo quasi sacrale verso il cosiddetto “ammore” che i napoletani hanno.

Malafemmena fu un autentico successo. Una canzone che è entrata nella leggenda. Tra i suoi interpreti più famosi, oltre lo stesso Totò, ricordiamo Giacomo Rondinella, Mario Abbate e Teddy Reno.

Mentre nel resto d’Italia e del mondo le coppie di innamorati vengono definite come fidanzati, boyfriend e girlfriend e con altri modi decisamente “freddi” a Napoli si è coniato il termine di “te mis a fa ammore“, parole musicali che fanno capire quanto i napoletani celebrino questo sentimento che viene trattato con delicatezza, dolcezza e pura passione.

La canzone partenopea ha da sempre prodotto veri capolavori. Ricordiamo quella che Lucio Dalla definì la più bella canzone mai scritta: “Era de Maggio“. Ma anche “Reginella” con quel suo “t’aggio vulut bene a te, tu me vulute bene a me mo nun c’amamma cchiu ma tu distrattamente pienz a me“.

Malafemmena

Totò volle scrivere una canzone d’amore e nel 1951 per l’allora “Festa di Piedigrotta” compose Malafemmena che diede a Mario Abbate che la cantò durante il concorso “La Canzonetta“. Ma il vero successo venne con “Totò, Peppino e la Malafemma” con una sublime interpretazione di Teddy Reno.

Divenne cosi popolare che da allora rappresenta Napoli e il modo con cui i napoletani pensano al cosiddetto “ammore“. C’è però una curiosità. Sebbene dal testo si intuisca e si capisca che c’è un innamorato che pena per una donna che non lo ama, il testo fu composto per tutt’altro motivo. Le cronache dell’epoca volevano che la “Malafemmina” della canzone fosse Silvana Pampanini, e che Totò ne rimase cosi affascinato da dedicargliela.

La verità è però un altra e nasconde tutte quelle sfumature che solo i napoletani hanno verso l’ammore. Totò sposò Diana Bandini dalla quale ebbe la figlia Liliana, il rapporto tra i due negli anni ’50 era in crisi. I due sposi però decisero nonostante tutto di restare uniti ma “divisi” fino al compimento del diciottesimo anno d’età della figlia. Fu una vera e propria promessa tra i due, ma mentre Totò in quegli anni intratteneneva rapporti anche con altre donne, Diana si dedicò completamente alla crescita della figlia e dopo l’ennesimo tradimento del marito decise di andarsene e sposò l’avvocato Michele Tufaroli.

La promessa disattesa è il motivo per il quale scrisse “Malafemmina”, Totò soffrì molto per la decisione di Diana di lasciare il talamo nuziale e risposarsi. Una decisione che non avrebbe dovuto prendere nonostante il fatto che lui la tradisse in continuazione.

La vera storia della “Malafemmina” è venuta alla luce solo recentemente grazie alla testimonianza della figlia Liliana. Alla SIAE, poi, la canzone fu registrata con una nota a margine: “A Diana“.

passione

Una delle interpreatazioni che più hanno colto il vero senso della canzone la troviamo all’interno del film “Passione” di John Turturro con Massimo Ranieri nei panni di Totò e Lina Sastri in quello di Diana.

La scena non lascia spazio a dubbi sull’interpretazione. Massimo Ranieri, infatti, è a letto con una donna, si sentono dei passi. E’ Lina Sastri che salendo le scale scopre il tradimento avvenuto sotto i suoi occhi e nella casa che li ha visti felici.

Dopo una scenata di gelosia decide di andarsene ed è in quel preciso momento che partono le parole: “Femmena tu si na malafemmina” e continuano fino a quel struggente “te voglio bene e t’odio nun te pozzo scurdà