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In memoria di Giuseppe Impastato (Cinisi 5 gennaio 1948 – 9 Maggio 1978)

Oggi, come allora, l’Italia è ancora sotto choc per l’ennesima vittima innocente della malavita

Seguiamo tutti con trepidazione l’evolversi delle condizioni di salute della piccola Noemi, innocente vittima di un agguato criminale per le strade della nostra città, con testimonianze di vicinanza non solo di illustre cariche dello stato, come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma anche dalle persone oneste che sono stanche di vivere con la paura.

Persone che con il proprio sangue hanno dato la vita affinché la nostra coscienza si svegliasse e affrontasse con coraggio la vita quotidiana senza abbassare lo sguardo davanti ai camorristi, mafiosi, ‘ndranghetisti, etc…

Uno dei testimoni di questo coraggio fu Giuseppe Impastato (detto “Peppino”). Era il 9 maggio del 1978 quando fu ritrovato il suo corpo, dilaniato da una carica di tritolo, ma allora la notizia del ritrovamento passò sotto banco perché da poche ore era stato ritrovato il corpo del cadavere di Aldo Moro, segretario nazionale della Democrazia Cristiana.

Peppino, nonostante fosse figlio di uno dei capimafia siciliani, da giovane fu cacciato di casa perché non condivideva gli ideali del padre. Era il 1968 quando iniziò la sua lotta contro Cosa nostra, grazie ad un’intensa attività politico-culturale di sinistra.

Nel 1977 fonda Radio AUT,  radio libera autofinanziata, con cui denuncia i crimini e gli affari dei mafiosi di CinisiTerrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti (definito sarcasticamente “Tano Seduto” da Peppino), che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, venne assassinato su mandato di Gaetano Badalamenti. Nonostante i tentativi di depistaggio per distruggerne anche l’immagine, grazie all’attività del fratello Giovanni e alla madre Felicia Bartolotta, venne individuata la matrice mafiosa del delitto.