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Morto Bernardo Provenzano, il boss della mafia

E’ stato senza’altro il boss più temuto di Cosa Nostra. Può “vantare” il record della latitanza più lunga con i suoi 43 anni di vita clandestina che vanno dal 10 settembre 1963 all’11 aprile 2006 quando fu scovato in un casolare a pochi passi da casa.

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Il boss mafioso Bernardo Provenzano è morto all’ospedale San Paolo di Milano all’età di 83 anni. Binnu u’ Tratturi, conosciuto così per la violenza nei confronti dei suoi rivali, nato a Corleone il 31 gennaio del 1933, è considerato il capo della Mafia dall’arresto di Totò Riina, avvenuto nel 1993, fino al suo stesso arresto dell’11 aprile del 2006.

Provenzano è morto dopo una lunga malattia. Da anni, infatti, gli era stato diagnosticato un tumore alla vescica.

La latitanza di Provenzano è iniziata il 10 settembre del 1963, quando i Carabinieri della caserma di Corleone lo denunciarono per l’assassinio di Francesco Paolo Streva, associazione a delinquere e porto abusivo di armi da fuoco. Con Totò Riina, Provenzano si rese protagonista della cosiddetta “seconda guerra di mafia” con cui uccisero tutti i boss rivali e presero il controllo della Cupola di mafia.

Dopo gli arresti eccellenti di Riina, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, per tutelare gli interessi economici e riprendere gli affari illeciti dopo la sovraesposizione dovuta agli attentati del 1992-1993, Provenzano avviò la “strategia della sommersione” che puntava a rendere “invisibile” Cosa Nostra. Strategia che prevedeva la diminuzione di omicidi e azioni eclatanti per far calare il livello di attenzione dell’opinione pubblica e delle forze dell’ordine nei confronti delle attività dei clan.

Provenzano è celebre anche per i cosiddetti “pizzini“, i foglietti di carta con cui comunicava per evitare in qualsiasi modo di essere intercettato e localizzato. Cosa che gli ha permesso la lunghissima latitanza e modo con cui impartiva ordini agli affiliati.