Riceviamo e pubblichiamo una ipotetica lettera scritta dal “Calcio” ai suoi tifosi dopo queste tristi giornate. Un momento di riflessione scritto da un tifoso (il nostro lettore Raffaele Accetta) per tutti, per fermarci e farci rendere conto di cosa parliamo, di cosa c’è dietro lo sport più seguito al mondo.
“Sono nato nel lontano inizio del 1800, gli antichi marinai inglesi mi presentarono a milioni di persone e ben presto ebbi una rapida diffusione in tutto il mondo. Sono stato il miglior amico di migliaia di generazioni, ho rallegrato bambini, emozionato anziani, fatto gioire fiumi di gente e commosso intere popolazioni. C’è chi dice di me che la mia storia ricomincia quando un bambino prende a calci qualcosa per strada.
Sono da sempre portatore di valori sani e puri, rappresento il rispetto, l’unione e la passione, unisco così come divido. In questi giorni però mi sono turbato e non poco, ho una certa età ma non perdo mai la forza di farmi sentire quando qualcuno mi offende. Ancora una volta ho visto un popolo che sogna qualcosa da anni, una squadra con un mister che mi ha elogiato ed onorato e fatto apprezzare da mezzo mondo, restare delusi.
È proprio in Italia che per troppi anni mi sento preso in giro, credo che qualcuno non abbia capito o finga di non capire chi sono realmente. Mi stanno usando come arma di arricchimento per i poteri forti, mi usano per arrivare ad obiettivi insani e con metodi ingiusti che nulla hanno a che vedere con il mio sacro e vecchio nome. Ieri sono passato da un mio vecchio amico, una montagna alta più di 1200 m che mi ha detto che non mi sbaglio, che è proprio questo quello che accade da tempo da queste parti. Poi mi ha detto che mi usano per invocarlo a svegliarsi dalla sua dormiveglia, dimenticandosi il bene che vuole alla sua gente.
Così senza dire una sola parola me ne sono andato e ho pensato: ero nato come qualcosa di puro e semplice, qualcosa in cui i più poveri come i ricchi avrebbero sempre potuto confidare, qualcosa a cui potersi aggrappare come ultima speranza in un mondo di ingiusti; ma questo, questo non sono io…“.

