Una ricerca condotta da Cnr, Università Politecnica Marche e Greenpeace Italia ha analizzato la presenza di microplastiche nei nostri mari. La situazione è molto complessa ovunque con picchi particolarmente elevati nel Golfo di Napoli.
La ricerca dell’Istituto di Scienze Marine ha analizzato i dati di 19 stazioni di campionamento “I risultati indicano che l’inquinamento da plastica non conosce confini e che i frammenti si accumulano anche in aree protette o in zone lontane da sorgenti di inquinamento – dichiara Francesca Garaventa (Cnr) – nella stazione di Portici, zona a forte impatto antropico, si trovano valori di microplastiche pari a 3,56 frammenti per metro cubo ma valori non molto inferiori, 2,2, si trovano anche alle Isole Tremiti”.
I valore nel Mediterraneo sono comparabili ai livelli presenti nei vortici oceanici del Nord Pacifico, la differenza è che il Mar Mediterraneo è un bacino semi-chiuso con un circolo di acque limitato a differenza dell’oceano. Lo studio ha identificato 14 tipi di polimeri, nella maggior parte polietilene, polipropilene e viscosa.
“I nostri mari stanno letteralmente soffocando sotto una montagna di plastica, per lo più derivante dall’uso e dalla dispersione di articoli monouso, – commenta Serena Maso (Greenpeace) -. “Per invertire questo drammatico trend bisogna intervenire alla fonte, ovvero la produzione. Il riciclo non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall’eliminazione della plastica usa e getta”.
