La famiglia Leanza era originaria del Cilento, ma il padre di famiglia dopo aver ucciso un compaesano si era stabilito a Casalnuovo, in provincia di Napoli, insieme alla moglie e ai figli conducendo poi una vita da contadino. Uno dei due figli, Ciccio, che aveva diciassette anni ed era bellissimo: alto, snello, con i capelli biondi e gli occhi verdi, non desiderava però fare il contadino, ma sognava una vita da guardiano: in pratica non avrebbe mai dovuto prendere la zappa, ma controllare le terre del padrone. Tutti i posti da guardiano erano però occupati quindi il ragazzo decise di chiedere a “Vicienzo durrece figlie”, che era guardiano di un pezzo di terra molto esteso, se aveva un piccolo posto per lui.
Ciccio Leanza ricevette un rifiuto dal guardiano nonostante questi effettivamente avesse bisogno di una mano allora durante il giorno di Santo Stefano “Vicienzo” si recò alla fiera dei porci e al rientro incontrò Ciccio ad attenderlo. Quando il guardiano vide il ragazzo capì le sue intenzioni e gli scagliò contro i mastini, fu a quel punto che il giovane mise in atto tutta la sua follia e ingaggiò una lotta con i cani finendoli per poi squarciare la gola al proprietario. I gendarmi cominciarono a cercarlo ovunque. Durante il periodo della vendemmia alcune famiglie scorsero il ragazzo in una masseria e avvertirono subito la polizia. La vendetta di Ciccio non tardò ad arrivare, egli non risparmiò nessuno dalla sua furia uccidendo tutti coloro che lo avevano “cantato” comprese le donne. La notizia dell’eccidio si sparse in tutti i paesi attorno a Casalnuovo e la gente cominciò ad avere paura dell’assassino.
Per molto tempo Ciccio sfuggì agli agenti scappando nelle campagne e una sera tentò anche di uccidere il fratello che gli aveva consigliato di costituirsi. Le guardie di Casalnuovo chiesero così rinforzi a quelle di Pomigliano d’Arco per acciuffare il ragazzo. Finalmente il giovane Leanza fu catturato e tutti gli abitanti dei paesi si sentirono meglio una volta appresa la notizia. Ciccio Leanza fu condotto all’Isola di Ponza dove si trovavano tutti i delinquenti di primo rango. Nel carcere, sede della Bella Società, Ciccio non volle mai sottomettersi alla camorra e un giorno rimarcò questa decisione con un nuove eccidio. Tre picciuotti per ordine del capocamorra avevano avuto l’incarico di stringere amicizia con lui, ma quando gli chiesero di mostrare loro il coltello Ciccio Lenza rispose che lo cavava solo per usarlo così, dopo le insistenze dei tre e le offese “Hai paura ca te chiammano cafone“, l’assassino portò i napoletani dietro una siepe da cui i tre non tornarono più.
Ciccio Leanza fu posto in cella di segregazione con mani e piedi incatenati. Il direttore, nonostante tutto si diceva comprensivo nei confronti del ragazzo e gli diceva che poteva rifarsi e che quanto prima lo avrebbe fatto evadere. Intanto i giorni passavano e nulla cambiava così Ciccio capì l’inganno e una volta che il direttore entrò nella sua cella lo pregò di sciogliergli i piedi. Il ragazzo raccolse il rottame di un bacile di terracotta e con quello percosse il cranio del direttore togliendogli la vita. Quando il sottocapo vide quello che il folle assassino aveva combinato introdusse le canne nelle inferriate della cella e puntò contro Leanza uccidendolo sul colpo. Una cosa del genere non era mai avvenuta prima.
Storie di grandi camorristi e la prostituzione – Edoardo di Majo

