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Il boss e l’abito da monaco: le leggende sulla famiglia Di Lauro

Padre di dieci figli maschi, cinque dei quali oggi in libertà dopo aver pagato il conto con la giustizia (vedi Vincenzo, 42 anni, e Ciro, 39), perché in attesa di processo (vedi Salvatore “terremoto”, 29 anni, arrestato e scarcerato dal Riesame lo scorso 21 giugno), perché con la giustizia non hanno avuto a che fare (è il caso del più piccolo dei dieci, Giuseppe, 20 anni) o perché sono ricercati tra 13 anni dalle forze dell’ordine (Marco, 37 anni).

Il superboss di Scampia e Secondigliano Paolo Di Lauro, che dal 2005 sta scontando una condanna a 29 anni di reclusione, ha sempre avuto un rapporto gerarchico con i suoi figli. In famiglia c’era un’unica regola da rispettare: “Comanda il figlio più grande in libertà, anche se latitante”. Durante i suoi tre anni di latitanza, Ciruzzo ‘o milionario, ha sempre più delegato conducendo una vita silenziosa e lontano dai riflettori, caratteristica questa che ha caratterizzato la sua storia criminale.

Una vita vissuta nell’ombra già prima della latitanza. Sentire solo la sua voce era considerato un privilegio dai suoi affiliati. Di Lauro  parlava solo con i suoi figli e con poche persone fidate, tra cui l’ex braccio destro Maurizio Prestieri, divenuto poi collaboratore di giustizia. Fu dura per il super boss napoletano apprendere della scomparsa di Domenico Di Lauro, deceduto nel 2004 all’età di 17 anni in seguito a un incidente in sella a una moto.

Il giovane morì al Policlinico in seguito alle gravi lesioni riportate. Durante l’agonia in ospedale né la madre né i fratelli si sono fatti notare almeno in via ufficiale. Una voce popolare ma mai confermata infatti narra che “Ciruzzo”, latitante da qualche anno, si presentò in obitorio, per l’ultimo saluto, travestito da monaco. Un episodio ma realmente riscontrato (troppo rischiosa una esposizione simile per chi era ricercato da polizia e carabinieri notte e giorno) ma che viene raccontato con massima discrezione e a voce bassa

Così come un’altra voce popolare racconta di un Marco Di Lauro vestito da donna, con tanto di tacchi a spillo e rossetto sulle labbra, spostarsi da un rifugio all’altro o uscire per dedicarsi alla sua vera passione: i motori. Racconti che diventano presto leggenda e sono destinati a rimanere tali.