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Nessuna premeditazione: “Alessandro Impagnatiello ha usato il veleno per provocare l’aborto, non per uccidere Giulia”

La Corte d’Assise d’appello di Milano ha confermato la condanna all’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, l’ex barman accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno però escluso l’aggravante della premeditazione, ritenendo che non ci fossero prove sufficienti per dimostrare che l’intento omicida fosse stato concepito molto prima del giorno del delitto. La Corte ha invece sostenuto che l’avvelenamento fosse inizialmente finalizzato a provocare un aborto spontaneo, un atto che per Impagnatiello avrebbe risolto il problema della gravidanza, considerata un ostacolo per la sua carriera e la sua vita.

Nonostante l’esclusione della premeditazione, la Corte ha mantenuto l’aggravante della crudeltà e ha confermato la pena massima. Impagnatiello, che ha ucciso Tramontano con diverse coltellate il 27 maggio 2023, ha poi tentato di disfarsi del corpo bruciandolo e nascondendolo in un’intercapedine tra alcuni box. La sua confessione è arrivata solo giorni dopo, tra il 31 maggio e il 1° giugno dello stesso anno. Successivamente, la richiesta dei suoi legali per l’accesso alla giustizia riparativa è stata respinta, poiché è stato ritenuto che l’imputato non avesse rielaborato pienamente i motivi che lo hanno spinto al crimine.

Il verdetto di primo grado, emesso il 25 novembre 2024 dalla Corte d’Assise, aveva già condannato Impagnatiello all’ergastolo e a tre mesi di isolamento diurno. Questa stessa pena è stata ribadita dalla Corte d’Assise d’appello il 25 giugno 2025. Le recenti motivazioni offrono un quadro più chiaro della visione dei giudici, che pur non riconoscendo la premeditazione, hanno ritenuto la gravità del reato e la crudeltà mostrata tali da giustificare la pena più severa prevista dall’ordinamento.