Calano i contagi, chiudono i reparti di terapia intensiva dedicati al coronavirus, diminuiscono i ricoveri ed aumentano i guariti. Questo è il presente. Alcuni medici hanno raccontato a Il Mattino i possibili scenari futuri relativi al covid19: la possibile nuova ondata di contagi in autunno, la consistenza del virus, gli effetti del caldo e il fenomeno degli asintomatici.
“Probabilmente una serie di cofattori insieme. Conosciamo meglio il virus, i tamponi scoprono molti sintomatici e le cure sono più mirate. L’impressione è che però l’infezione decorra effettivamente in maniera meno violenta”, ha detto Franco Faella, ex primario di emergenze infettivologiche del Cotugno che, da pensionato, è tornato in pista per guidare il Covid center del Loreto.
“Il diradamento dei casi consente di concentrare le cure su pochi pazienti per cui chiaramente migliorano i risultati dobbiamo tuttavia aspettarci una seconda ondata soprattutto in relazione all’irrigidimento del clima nel prossimo autunno. I coronavirus che conosciamo sono infatti favoriti da temperatura e umidità“, ha dichiarato Carolina Rescigno, primario di una unità di infettivologia del Cotugno.
“La malattia si è diradata nel numero di casi e anche nell’entità clinica. In letteratura è descritto questo fenomeno evolutivo delle epidemie virali ed è messo proprio in relazione al distanziamento che ostacolando la replicazione del microbo tende anche a condizionarne l’evoluzione naturale“, ha affermato Giuseppe Servillo, ordinario della rianimazione del Policlinico Federico II.
“I nuovi casi positivi che scoviamo sono in massima parte asintomatici e pertanto vengono curati soprattutto a casa con i nuovi protocolli. Il virus si sta adattando all’uomo ma continuerà a mutare. Dobbiamo trarre lezioni da questa epidemia: da un lato evitare una deriva cibernetica nei rapporti sociali, dall’altro rispettare l’ambiente. Il primo distanziamento necessario è dal mondo animale da cui questi virus provengono a causa dell’alterazione degli ecosistemi“, ha spiegato Maria Triassi, ordinario di epidemiologia della Federico II.
“È vero, diminuiscono numericamente i pazienti che seguiamo a domicilio ma anche la gravità dei casi sempre più sono necessarie le cure adottate nel protocollo diagnostico e terapeutico territoriale messo a punto su scala regionale e validato dall’unità di crisi. I tamponi? Non hanno quasi più attese e hanno raggiunto ormai quota 5 mila al giorno. Complessivamente abbiamo uno dei rapporti migliori in Italia tra controlli e contagi. I tamponi non vanno misurati non rispetto alla popolazione totale ma al numero dei positivi circolanti“, ha detto Pina Tommasielli, medico di famiglia e componente dell’unità di crisi.
“Oltre a tamponi e screening per fotografare la positività al virus dovremmo aggiungere la valutazione dello stato immunitario mediante la tipizzazione linfocitaria, e la valutazione del rischio trombotico tramite lo studio della trombofilia genetica. Ho invece riserve sull’utilizzo del siero iperimmune. L’obiettivo finale rimane in ogni caso la ricerca del vaccino e la sua diffusione“, ha dichiarato Corrado Perricone, ematologo e già direttore di immunoematologia del Santobono ex del Consiglio superiore della Sanità.

