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È vero ci vuole responsabilità ma anche chiarezza e coraggio da parte delle istituzioni

La maggioranza dei cittadini ha rispettato le regole. Confusione tra i Decreti del Governo e quelli della regione. Questo causa false interpretazioni

Ho ovviamente letto con attenzione e interesse l’editoriale scritto e pubblicato ieri dal nostro Direttore. L’immagine di via Caracciolo letteralmente ‘invasa’ dai cittadini, nel primo giorno di quella che possiamo definire la ‘pre-Fase2‘, non poteva non suscitare polemiche e discussioni.

In poche ore abbiamo tutti pensato che i sacrifici fatti in questi due mesi sarebbero potuti diventare vani. Ma non possiamo dare la colpa solo alle persone che hanno colto il primo ‘via libera’ per godersi la bellezza e l’aria pulita del lungomare più bello del mondo.

Magari ognuno dei cittadini uscito ieri non poteva immaginare che anche altre decine di persone avrebbero fatto la stessa cosa. In fondo non stiamo parlando solo dei ‘runner‘ (categoria che negli ultimi tempi è stata messa ‘all’indice’) ma anche di anziani e genitori andati a passeggiare con i propri bambini.

E non possiamo neanche prendercela con chi ha deciso di fare per la prima volta in vita sua attività fisica, proprio nel primo giorno di apertura: c’è forse una legge che impedisce a chi non ha mai frequentato una palestra di andare a fare una corsetta dopo due mesi di reclusione?

Di conseguenza, è vero che i cittadini devono dimostrare rigore e responsabilità ma è altrettanto vero che le istituzioni devono iniziare ad essere più chiare e coraggiose nelle loro comunicazioni. Abbiamo assistito dall’inizio dell’emergenza ad un continuo ping-pong tra Governo e Regione, fatto di decreti e autocertificazioni.

Ad oggi ci siamo trovati di fronte a due assurdità: una da parte del Governo, incapace di definire in modo liberale, quali siano i rapporti affettivi tali da garantire ai cittadini la possibilità di incontrarsi. Siamo passati dai congiunti più stretti, ai fidanzati, alle relazioni stabili. C’è poi la questione delle attività commerciali: per quale motivo alcune di esse devono ancora stare chiuse? Possibile, ad esempio, che a parrucchieri, barbieri ed estetisti – nel rispetto di tutte le norme di sicurezza anti contagio – non possa essere garantita una riapertura? Sapete cosa accadrà? Che tanti professionisti inizieranno a svolgere clandestinamente e a domicilio il proprio lavoro. E non sarebbe meglio che lo facessero all’interno di un negozio sanificato e igienicamente a norma?

Dal canto suo De Luca ha fatto dietrofront sull’attività sportiva all’aperto. È ufficiale: da oggi si può solo passeggiare. E se stasera scendessero sul lungomare centinaia di persone per fare due passi in via Partenope, il Governatore cosa farà, ci rinchiuderà di nuovo tutti in casa?

Abbiamo iniziato con lo jogging ma facciamo un altro esempio (più serio): i trasporti. Si ipotizza una soluzione a numero chiuso per evitare assembramenti particolarmente pericolosi. D’accordo, questa può essere una delle soluzioni. Ma può funzionare in una città come Londra o Berlino dove i mezzi pubblici passano ogni 2-3 minuti. A Napoli vorrebbe dire condannare i cittadini a vivere in modo definitivo senza alcuna mobilità sul territorio regionale.

Io penso che a causa dell’epidemia dettata dal coronavirus siano emersi tutti i limiti del nostro Paese: un sistema sanitario eccellente per quanto riguarda le risorse umane ma deficitario dal punto di vista delle strutture; un debito pubblico talmente elevato da impedire al Governo di varare piani economici importanti e indipendenti dagli accordi europei; un sistema burocratico che strangola i processi amministrativi e che ancora oggi nega bonus e cassa integrazione a lavoratori e imprese.

La verità appare in tutta la sua durezza: il Re è nudo! A Palazzo Chigi, nonostante siano stati assunti (a nostre spese) centinaia e centinaia di tecnici, esperti, medici, sociologi, economisti, psicoterapeuti, le idee sono ancora molto confuse. Il Premier Giuseppe Conte, invece di sbattere i pugni sul tavolo, farebbe bene a dire la verità: “Lo so che dobbiamo riaprire ma abbiamo paura di quello che potrà succedere perché non siamo in grado di gestirlo e affrontarlo“.

L’obiezione è servita sopra un piatto d’argento: allora fateci stare chiusi ancora un pò e sviluppate, nel frattempo, una strategia efficace. Perché è impensabile riaprire solo quando il virus non ci sarà più. Ma chiudere vorrebbe dire sferrare un duro colpo alla nostra vita economica e sociale. E il Governo non ha nemmeno la forza di garantire la normale assistenza finanziaria ai propri lavoratori, imprenditori, commercianti e liberi professionisti.

Un violento corto circuito, il classico cane che si morde la coda. Parliamoci chiaro e siamo onesti. Far stare tutti chiusi in casa è stata, forse, la cosa più facile. Mi rendo conto che nessuno può ergersi a maestro o mettersi a giudicare coloro che in questi giorni hanno dovuto prendere decisioni difficili assumendosene tutte le responsabilità. Ma è anche vero che il tempo degli sceriffi sta finendo.

Ora le persone vogliono sapere come convivere con il covid19. Come riaprire le proprie attività, come andare a lavoro, come riprendere la propria socialità. La parte davvero complessa è iniziata adesso. E le istituzioni comunicando incertezze, idee poco chiare e nessuna soluzione, stanno dimostrando di non essere all’altezza. E questo è un atteggiamento di superficialità e incompetenza che non possiamo permetterci.

Dunque, ha più colpe il cittadino che dopo due mesi di isolamento va a camminare sul lungomare o il politico / amministratore che per vocazione e mestiere dovrebbe essere in grado di risolvere i nostri problemi avendo visione del futuro? E la ‘fase2‘ deve ancora entrare nel pieno…

È vero ci vuole responsabilità ma anche chiarezza e coraggio da parte delle istituzioni