Sul caso, tante speculazioni. Anche da parte di chi ricopre ruoli istituzionali. Il brutto vizio di non attendere la fine del procedimento giudiziario
Il caso della 24enne vittima di violenze all’interno della fermata della circumvesuviana di San Giorgio a Cremano ha portato a galla molto del marcio che appartiene all’opinione pubblica e politica di questo Paese.
Come spesso è accaduto in Italia, questioni del genere non vengono trattate come meritano, cioè con rispetto e delicatezza. Da una parte abbiamo chi avrebbe voluto immediatamente pena di morte, carcere a vita e forca per i presunti aggressori.
Dall’altra chi non ha perso neanche un secondo per speculare sulla vicenda, ad esempio, con l’obiettivo di rafforzare un consenso politico ormai al ribasso. È stato il caso del Vice premier e Ministro Luigi Di Maio.
Eppure, prima delle scarcerazioni di tutti e tre i presunti stupratori, era uno soltanto il dato certo dell’intera vicenda: nessuno di coloro che si sono espressi aveva a disposizione le carte giudiziarie, i referti medici e le immagini registrate dal sistema di video sorveglianza della circum.
Neanche le motivazioni che hanno spinto i giudici a prendere questa decisione erano pubbliche, lo saranno tra qualche giorno. Tuttavia, ecco gli eserciti di uomini e donne pronte ad esprimere giudizi sulle vittime e i carnefici.
La prima domanda è sorta spontanea: ma secondo voi un giudice avrebbe rischiato di fare una brutta figura, gettandosi nelle fauci dei giustizialisti, assumendosi una tale responsabilità (prevista dalla toga che sta indossando)?
È ovvio che il collegio del Riesame ha avuto i suoi buoni motivi. Nonostante tutto, alcune indiscrezioni sulle motivazioni sono state pubblicate dagli organi di stampa. In pratica la vittima avrebbe potuto mentire. Le sue patologie non l’hanno resa una persona credibile.
È rimasto un nodo da sciogliere: la corrispondenza tra i fatti e il referto medico che ha confermato che la giovane non sarebbe stata consenziente. Ma per tutto questo e la definitiva ed eventuale colpevolezza provata dei tre ragazzi, dovremo attendere l’esito del processo. Infatti, i presunti violentatori sono tutt’ora indagati e rinviati a giudizio.
Forse anche la famiglia della vittima ha agito male e in preda ad una giustificata emotività. Interviste e trasmissioni televisive non hanno fatto altro che alimentare un clima già di per se molto avvelenato. Così, mentre processi e sentenze venivano rispettivamente svolti ed emesse sui social, in tv e sui giornali, l’intera vicenda ha preso una piega completamente diversa.
Il problema è uno soltanto. Casi del genere non devono essere affrontati sulla spinta dell’emotività. Ci sono leggi e procedimenti oggettivi, previsti dal codice penale e dalla Costituzione, che sono garanzia sia per le vittime che per i carnefici.
Invece, quando ci si sveste troppo in fretta dagli abiti del garantismo, ecco che decadono due certezze: quella della pena e quella del diritto. In Italia in molti ancora devono capirlo. Ci vuole giustizia, non vendetta. Soprattutto per chi ha subito torti e violenze.

