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Ritorno “esagerato”, ma non troppo di Vincenzo Salemme

Presentata alla stampa "Una festa esagerata", nuova pellicola con Tosca D'Aquino, Massimiliano Gallo, Nando Paone e Francesco Paolantoni

Si è tenuta stamattina a Napoli la conferenza stampa riguardante l’ultimo film di Vincenzo Salemme, storica voce napoletana della commedia teatrale e cinematografica, che nei panni di attore e di regista, traspone sul grande schermo Una festa esagerata, omonima commedia portata in scena prima a teatro, per l’appunto, e poi al cinema. “Molti mi avevano suggerito di farne un film” cosi Salemme introduce l’argomento “e per farlo mi sono avvalso della sceneggiatura scritta in collaborazione con Enrico Vanzina con il quale abbiamo una lunga esperienza di lavoro. Il film –  aggiunge – è stato girato tutto a Napoli, nella specie a via Petrarca“.

Ma Enrico Vanzina non è l’unico ad aver preso parte al lavoro cinematografico dello show man napoletano che sottolinea “Qui c’è anche la collaborazione di Antonio Guerriero. Era venuto a teatro a vedere la mia commedia ed è rimasto molto colpito. Le cose vanno fatte con chi vuole farle. Ad Enrico è piaciuta la storia e i suoi passaggi. Ha preso spunto dall’idea del mio personaggio e ha dato subito ai singoli passaggi che lo riguardavano un ritmo cinematografico“.

E con molta umiltà, un tratto che caratterizza il personaggio protagonista in questione, Gennaro, un imprenditore edile succube della propria famiglia ed in particolare dei desideri della moglie – nel film interpretata da una cinica Tosca D’Aquino – ammette “Io non sono un regista nel senso vero della parola. Sono più un artigiano“. Poi aggiunge, riflettendo sulla differenza tra teatro e cinema che quest’ultimo “Non può essere una metafora del teatro, poiché tutte le forme artistiche che riguardano lo spettacolo dovrebbero sempre incontrarsi” e specifica “È chiaro che a livello teatrale i film non possono avere tinte. Il teatro è l’arte dell’artificio. Al cinema non puoi fare questo“. Insomma, una bella lezione per tutti in sala, che lo hanno applaudito con enfasi, manifestandogli quel calore che solo una città come Napoli sa trasmettere.

E quello che sottolinea anche Francesco Paoloantoni – nel film interpreta il ruolo dell’Assessore Cardellino – rivelando “Adoro lavorare a Napoli perché tutto diventa più divertente, anche le conferenze stampa” ed aggiunge “È stato divertente lavorare con Vincenzo Salemme. È la prima volta che lavoro con lui al cinema. Il mio personaggio – l’assessore ai lavori pubblici che potrebbe aiutare Gennaro nel suo lavoro di imprenditore edile – è solo atteso, non c’è fisicamente. Viene accolto affettuosamente dalla moglie di Gennaro, Teresa, e mette in risalto un aspetto fondamentale del film: il cinismo. L’aspetto che più ho amato del film“. Insomma, per togliere ogni dubbio a chi ha osservato che la trasposizione cinematografica di un lavoro teatrale come Una festa esagerata potrebbe non rendere merito ed onore al dramma che ne è al centro – la morte dell’inquilino del piano di sotto che nel film è interpretato dal grande e versatile Nando Paone – Paoloantoni ha risposto “la drammaticità della situazione si vive tanto al cinema quanto al teatro“.

Anche la scelta di cambiare gli attori, utilizzando un cast integralmente diverso rispetto a quello teatrale, si è rivelata vincente. Salemme ha sottolineato anche che “Utilizzare gli stessi attori del teatro avrebbe tolto freschezza ai personaggi. Il cinema fa sognare solo se lo spettatore riesce ad immedesimarsi in quell’attore o attrice. Ci devi credere. In passato, in alcuni miei film ho forzato la mano e il pubblico si distaccava dalla storia“. Ma poi ammette, “La verità è che per gli attori recitare è difficilissimo” e termina con una riflessione rivolta anche e soprattutto a sé stesso “Siamo sempre portati a sentirci in colpa come attori. Non è un problema di professionalità. Ma spesso si pensa che fare le cose difficili desti di più l’attenzione dello spettatore. Credo che le persone più intelligenti siano quelle molto semplici. Eppure al cinema il concetto di semplicità dagli anni ’70 in poi è diventato dispregiativo. Si è confusa la semplicità con la banalità. Per cui se un’artista fa una cosa semplice, sembra che faccia una stupidaggine. In realtà è più difficile secondo me essere semplici, anche se spesso non si è apprezzati“. Insomma, esagerare ma non troppo e nella fattispecie con semplicità. Sembra essere questa la chiave del successo di Vincenzo Salemme.