Con tre raid teppistici la scorsa settimana, vandali incappucciati hanno deturpato il “volto” delle stazioni della Circumvesuviana in Piazza Garibaldi a Napoli, a San Giorgio a Cremano e a San Giovanni a Teduccio. Il tutto senza un apparente motivo diretto, anche se non manca chi ipotizza un “regolamento” di conti tra “artisti” in cerca di spazio per “esprimersi”. A prescindere, lo sfregio ha tutti i connotati del vuoto, di un nichilismo solo teorico che in realtà, invece di negare qualcosa, afferma piuttosto la stupidità. In attesa di capire se i responsabili di tali scempi saranno riconosciuti grazie ai filmati delle telecamere a circuito chiuso o alla eventuale collaborazione di testimoni, la redazione di VocediNapoli.it ha chiesto un parere a Federico Clemente, Stefano Veneruso e Anna Pavignano.
Federico, lei è il figlio di Eduardo Clemente, ovvero una delle pochissime persone (con una lealtà rara d’altri tempi) realmente vicine a Totò, che gli ha fatto da segretario tuttofare dal 1950 fino alla morte. Eduardo era soprattutto il cugino di primo grado di Totò, in quanto figlio di Federico, fratello di Anna Clemente, madre del Principe.
Cosa ha provato nell’apprendere la notizia?
Non vorrei essere banale: certamente si potrebbe dire che noi meridionali non sappiamo conservare e curare il nostro immenso patrimonio artistico e culturale. Personalmente, però, penso che atti vandalici del genere accadano un po’ dovunque. Si prova per questo grande amarezza ma ormai siamo abituati a ben altro.
Possibile che Totò, Troisi, Noschese non siano conosciuti dagli autori di questi atti vandalici?
Sì, questa è una riflessione opportuna. Effettivamente si nota che il mondo giovanile è un po’ “scollato” dalle radici. Mentre noi da piccoli sapevamo chi fosse Ridolini, Charlot o Stanlio e Ollio (che non appartenevano alla nostra epoca), i ragazzi di oggi non sanno nemmeno chi è Monica Vitti, Vittorio Gassman o Alberto Sordi, tanto per citarne qualcuno.
Sarebbe il caso di approfondire nelle scuole lo studio di alcuni autorevoli personaggi che hanno scritto pagine memorabili della nostra storia recente?
Secondo me questa è una necessità che coinvolge tutto il mondo della cultura in generale. I ragazzi ignorano i grandi scrittori del Novecento, ignorano le grandi imprese e le grandi scoperte. Poi parliamo di assenza di valori, crisi socio-culturale, ecc. Senza voler colpevolizzare nessuno, né la scuola, né la famiglia, ecc. ma è certo che si dovrebbe fare qualcosa.
Sarebbe bello immaginare cosa direbbe Totò
Sono sicuro che Totò ci troverebbe una battuta su questo fatto, una gag… farebbe dell’ironia, dell’autoironia… perché lui sapeva ridere di se stesso e della società in cui viveva, con garbo e assolutamente senza violente invettive. Forse avrebbe sorriso e avrebbe detto solo “C’est la vie!”.
Ai nostri microfoni anche Stefano Veneruso, regista cinematografico e nipote di Massimo Troisi.
Stefano, cosa hai provato nell’apprendere la notizia…
Certamente non mi sono messo a ridere, ma nemmeno a piangere. In certi casi prendi l’episodio per quello che è. Gli autori non avranno strumenti adatti per evitare anche di pensarle certe cose. Se pensiamo a Totò, a Massimo e a Noschese, tra dolcezza e sorrisi, impossibile farsi sfiorare dall’idea di imbrattare una loro immagine, qualunque essa sia. E dunque, di cosa e di chi stiamo parlando?.
Possibile che Totò, Troisi, Noschese non siano conosciuti dagli autori di questi atti vandalici?
Il rischio di dire banalità è talmente alto che preferisco evitare di aggiungere un mio pensiero. A cosa servirebbe? In fondo i tre personaggi in questione sono nell’aria, nei pensieri di chi vuole, di chi apprezza, di chi li respira. Stiamo parlando di artisti così grandi, immensi, che viene solo da restare in silenzio. Spiace soprattutto per gli autori dei murales.
Sarebbe bello immaginare cosa direbbe Massimo Troisi
Difficile dirlo. O forse è semplicissimo, chissà. Più che le parole, immagino un tono sereno, lontano da invettive e autoflagellazioni eccessive.
Hai prodotto e poi realizzato da regista uno straordinario film internazionale, “All the invisible children”, una pellicola a più firme d’autore che rappresenta un viaggio tra i bambini invisibili di tutto il mondo, che tra l’altro ha vinto il premio “Grolla d’Oro” come film italiano più venduto all’estero, in oltre 120 Paesi.
Si, mi sono confrontato con Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Kátia Lund, Jordan Scott, Ridley Scott e John Woo, registi superlativi con i quali ho condiviso questa esperienza d’analisi sull’infanzia abbandonata. I bambini invisibili di Londra, Parigi, Zurigo o dei due estremi del mondo, sono simili, non c’è molta differenza. Certo, a Zurigo trovi meno episodi di microcriminalità, ma tutto dipende dal retroterra familiare, dalla fortuna, da cosa fanno le Istituzioni. A mio avviso, chi ha imbrattato i murales non è più colpevole di chi abbandona gli ultimi al loro destino. Non conosciamo i dettagli del fatto in sé, sotto quei cappucci ci poteva essere chiunque, il punto è il vuoto che porta a ciò. In “All the invisible Children”, nell’episodio diretto da me, girato a Napoli, ho avuto il piacere di lavorare con Vittorio Storaro, direttore della fotografia che ha vinto 3 premi Oscar, e con lui ho dato vita alla scena in cui il bambino protagonista del mio segmento, nella sua solitudine quotidiana e familiare, nella totale assenza di riferimenti, trova solo un’ombra con cui giocare: l’ombra di se stesso.
Questo, infine, il parere della scrittrice Anna Pavignano, in passato compagna di Massimo Troisi e sceneggiatrice dei film insieme all’indimenticabile attore e regista napoletano di San Giorgio a Cremano.
Anna, il tuo primo pensiero su tali episodi.
E’ abbastanza difficile dire qualcosa di preciso perché non ho visto direttamente quello che è successo. Certo, le immagini che girano su Facebook fanno impressione perché non sono chiaramente solo la manifestazione della stupidità di qualcuno, che è cosa di per sè grave; ma qui noto un accanimento maggiore come se fosse un segnare il territorio, come a dire: “qui comandiamo noi!”.
Possibile che gli autori di questo gesto ignobile non sappiano chi sono Totò, Noschese e Troisi?
Sicuramente le persone che hanno commesso questo scempio non è che non conoscessero i personaggi, secondo me hanno voluto dimostrare che non c’è cultura che tenga: lì ci deve essere il segno di quel che sono loro. Sono stata a San Giorgio quindici giorni fa e ho sentito l’orgoglio di tutti di avere queste immagini rappresentate alla stazione e non solo che abbelliscono i luoghi stessi ricordando momenti straordinari: un segno di bellezza e di ricchezza. Evidentemente c’è qualcuno che non vuole tutto ciò, perché non fa comodo questo orgoglio che è di tutto il sud, orgoglio della propria storia, dei personaggi che ha generato. Ricordo di aver letto alcuni commenti di gente soddisfatta di quelle opere “perché così l’attesa del treno è più bella. Ecco, qualcuno non vuole che l’attesa sia più bella. C’è qualcuno che vuole che questa attesa sia pesante in modo da poter approfittare della stanchezza e dell’esasperazione.
