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Maurizio Prestieri e il clan Di Lauro: “Tante volte capita di brindare dopo aver fatto un omicidio”

Maurizio Prestieri è il braccio destro di Paolo Di Lauro per oltre vent’anni, organizza e gestisce le piazze di spaccio a Secondigliano durante gli anni d’oro di una delle organizzazioni criminali più forti e ricche al mondo. E’ un boss con due grandi ossessioni: il gioco d’azzardo e le auto di lusso e si può permettere qualsiasi cosa. A differenza del reggente del clan, Prestieri ostenta la propria ricchezza, indossa capi firmati e orologi di marca, mangia nei migliori ristoranti e non fa mancare mai nulla alla propria famiglia: “Se sei un camorrista a Napoli, sei riconosciuto e sei importante come un vip. Per te ci sarà sempre un tavolo libero in un ristorante e le persone faranno di tutto per salutarti“. E’ così che il boss, diventato collaboratore di giustizia dopo la sconfitta dei Di Lauro nella sanguinosa faida contro gli Scissionisti, ha raccontato a Roberto Saviano il suo status di camorrista.

La ricchezza del clan. Le origini della ricchezza del clan Di Lauro sono direttamente collegate alla scissione del direttorio da Aniello La Monica, primo boss della cosca ucciso da Paolo Di Lauro, Raffaele Abbinante, Raffaele Prestieri, che guidava l’auto che investì il padrino, e Rosario Pariante. Solo con l’ingresso dell’affare della droga l’Alleanza si arricchisce a dismisura e crea un business che trasforma il mercato degli stupefacenti, facendo diventare in particolare la cocaina da “prodotto” di nicchia a consumo di massa. Paolo Di Lauro intuisce che bisogna eliminare il mediatore e comprare direttamente la droga dal produttore per poter fare ancora più soldi. Dapprima sono i baschi in Spagna a rifornire il clan, poi Raffaele Amato (membro del direttorio operante in Spagna) inizia a trattare direttamente con i sudamericani, con il cartello di Calì, i colombiani che avevano vinto la guerra contro Pablo Escobar. Il boss però apporta anche una modifica alla struttura dell’organizzazione creando una gerarchia di ruoli in cui tutti, dall’organizzatore al capopiazza, al pusher e al palo, vengono pagati bene. Scampia diventa il più grande mercato di spaccio droga, si vende all’ingrosso e al dettaglio e Paolo Di Lauro diventa un mito per tutti gli abitanti della zona: circa 20 piazze danno da mangiare a tutti.

Noi potevamo essere fermati subito dallo Stato e invece siamo diventati ricchi e potenti in un batter d’occhio. L’economia legale ha bisogno dei nostri soldi illegali. Abbiamo avuto talento messo nella parte sbagliata della società… I soldi noi li pesavamo, non li contavamo“, una dichiarazione che suggerisce suggestione e indignazione al tempo stesso. Come venivano utilizzati questi soldi? Auto, proprietà in tutto il mondo, gioco d’azzardo, donne. “E’ un tesoro quello che sta sotto terra a Scampia. Un tesoro di pietre preziose: smeraldi, topazi, rubini, lapislazzuli e soprattutto diamanti. Macchine e ville le possono sequestrare, le banconote con il tempo si ammuffiscono, ma i diamanti restano per sempre e con quelli conservati nelle bottigliette di Di Lauro si può lastricare l’autostrada Napoli-Roma“. E’ nei libri mastri della camorra che vengono segnate tutte le entrare e le uscite del clan. Acquisti e spese comuni, sono segnate anche sigle come ME oppure LO: stanno per Merda o Lota ovvero i soldi da sborsare mensilmente ai poliziotti per evitare un controllo o un arresto.

La prova del “capo”.Me la sono presa a morsi la vita, senza mai usare cocaina“. Se vuoi diventare un capo nel gruppo dei Di Lauro non devi drogarti, devi essere sempre lucido. Per controllare se qualcuno tirava coca o altro si faceva la prova della pasta. Di notte si prelevavano le persone per portarle al cospetto di Paolo Di Lauro, gli si metteva un piatto di pasta davanti e se questo non mangiava perché non aveva appetito (conseguenza di chi utilizza cocaina) veniva cacciato dal clan.

“Sono un camorrista”. Prestieri viene arrestato a Marbella, in Spagna, nel giugno 2003. E’ con la sua famiglia nel paese che rappresenta la seconda casa per molte organizzazioni criminali d’Europa “perché se si è condannati in contumacia la Spagna non la riconosce e quindi non accoglie l’estradizione“. Le carceri spagnole, inoltre, “sono migliori di quelle italiane per i detenuti. In particolare le condizioni carcerarie: nella stanza non ci si sta quasi mai, solo per dormire; si hanno a disposizione sei colloqui a settimana e basta un solo documento d’identità per poter accedere“. Secondo l’ex boss nei penitenziari iberici “Si ha la possibilità di consumare due colloqui intimi (anche con una prostituta) al mese“. E’ fuori a un bar per un aperitivo domenicale Maurizio quando i Carabinieri lo fermano e lo arrestano, dopo quattro anni di carcere decide di collaborare e fino ad oggi le sue dichiarazioni sono state considerate veritiere.

“Sono un camorrista, ma non posso più esserlo – conclude Prestieri nell’intervista -. Chiedo scusa a chi ho fatto del male ma non  mi pento, rifarei tutto quello che ho fatto. Pentito è un fatto d’animo, una cosa spirituale e non mi sento di poterlo ancora dire. Essere camorrista vuol dire essere un mostro perché commetti delle cose gravissime, ordini o esegui omicidi come se niente fosse. Tante volte capita di brindare dopo aver fatto un morto, ma tutti i morti ti pesano sulla coscienza. Un camorrista lo mette in conto che ha vita breve, tant’è vero che io all’età di 27-28 anni già avevo visto tutto come se fossi un malato terminale. A un certo punto ti arriva il conto: o la morte o il carcere. Il camorrista tratta la morte come se non fosse niente perché la morte appartiene sempre agli altri e non a te. “.