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La cazzimma spiegata dall’Accademia della Crusca

Da quando De Laurentis ha bollato la sconfitta degli azzurri contro il Real Madrid come come una prestazione senza ‘cazzimma’ ( eccezion fatta per Insigne ) si è aperto un vero a proprio dibattito nazionale sul termine in dialetto, adoperato dal Presidente del Napoli, tanto che persino l’Accademia della Crusca si è decisa ad intervenire per dare, una volta e per tutte, una spiegazione in grado di soddisfare la curiosità italica su questo termine tutto napoletano il cui significato, purtroppo, è ancora lungi dall’essere chiaro a tutti.

Cazzimma è un’espressione napoletana, diffusa soprattutto nel lessico giovanile campano e utilizzata, secondo il Dizionario storico dei gerghi italiani (Milano, Mondadori, 1991, p. 89) di Ernesto Ferrero, per indicare un insieme e un intreccio di atteggiamenti negativi: autorità, malvagità, avarizia, pignoleria, grettezza“. Con queste parole forse un po’ troppo generiche l’Accademia della Crusca ha inteso definire la cazzimma. Peccato che il significato di tale espressione napoletana sia ancora lontano dall’essere del tutto chiarito. Ovviamente il tentativo dell’istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana resta comunque apprezzabile non foss’altro che per il coraggio dimostrato nel fornire una testimonianza lessicografica di un vocabolo che molti dizionari dialettali napoletani snobbano forse perchè considerato troppo volgare.

Arrivati a questo punto a chi potremmo rivolgerci per comprendere precisamente cosa si nasconde dietro il termine cazzimma? La risposta è ovvia e scontata: a due napoletani doc, nella fattispecie a Pino Daniele ed Alessandro Siani. Il cantante, scomparso nel giugno 2015, già nel 1980 dava un primo affresco del vocabolo dialettale cazzimma dipingendolo così nella canzone A me me piace ’o blues: “Tengo a cazzimma e faccio tutto quello che mi va“. Semplice, no? Ovviamente no. Eppure Pino Daniele ha fatto di meglio chiarendo un aspetto del concetto alla perfezione come mai a nessuno prima di lui era ancora riuscito e a quanti gli domandavano una spiegazione esaustiva sulla cazzimma, Pino rispondeva così.

“Già, ‘a cazzimma. Chi non è napoletano e non ha mai avuto modo di sentire questo termine, si chiederà giustamente di che si tratti. Ebbe’, “cazzimma” è un neologismo dialettale molto in voga negli ultimi tempi. Designa la furbizia accentuata, la pratica costante di attingere acqua per il proprio mulino, in qualunque momento e situazione, magari anche sfruttando i propri amici più intimi, i propri parenti […]. È l’attitudine a cercare e trovare, d’istinto, sempre e comunque, il proprio tornaconto, dai grandi affari o business fino alle schermaglie meschine per chi deve pagare il pranzo o il caffè (P. Daniele, Storie e poesie di un mascalzone latino, Napoli, Pironti, 1994, pp. 52-53).

La definizione è a dir poco esaustiva eppure non tiene conto di tutte le sfumature che il termine cazzimma include. Non si tratta semplicemente di un atteggiamento volto ad ottenere un proprio tornaconto personale, la cazzimma è un comportamento più viscerale, tipico di chi nella vita ha dovuto imparare a proprie spese la temibile arte dell’arrangiarsi. E’ insomma un reazione tipica di chi nella vita è stato costretto a contare solo su se stesso perdendo di fatto la fiducia negli altri. A volte, però, col termine cazzimma può venire indicata la cattiveria gratuita. Alessandro Siani ce ne dà uno spaccato a dir poco geniale in uno dei suoi tanti sketch. Alla domanda di un ipotetico milanese che gli chiede: “Cos’è la cazzimma?“, il comico napoletano risponde così: “Nun t’o bboglio ricere, chest’è ’a cazzimma!”, cioè “non te lo voglio dire, questa è la cazzimma!“.

Fin qui nulla di trascendentale. Eppure qualcosa che non torna esiste. Perché questo termine che, a prima vista, sembra tanto innocuo, in realtà, è stato così bistrattato nel corso del tempo? La spiegazione può essere fatta risalire all’etimologia del vocabolo che lo collegherebbe di fatto all’organo maschile e alle sue secrezioni fisiologiche. Il resto compreso le sue evoluzioni significative non si discostano molto da quello che è accaduto ad un vocabolo napoletano. Sto ovviamente parlando della ‘sfaccimma‘. In passato questa parola aveva una sola accezione quella di liquido seminale. Poi, nel corso del Novecento, ha assunto altre sfumature come, ad esempio, la feccia, il peggio o una ‘persona furba e intraprendente’.

Ora dovrebbe essere chiaro a tutti cosa ha voluto intendere Aurelio De Laurentis quando ha bollato la prestazione degli azzurri contro il Real Madrid con il vocabolo napoletano ‘senza cazzimma’. In pratica gli azzurri non sono stati in grado di approfittare dei momenti propizi con la cattiveria dovuta e si sono lasciati un attimo sopraffare dal nome e dalla storia altisonante che da sempre ha circondato la squadra spagnola. Si spera che alla partita di ritorno non manchi né qualche goal in più e neanche la tanto desiderata ‘cazzimma’. In fondo vincere anche se con ‘cattiveria’ non ha mai fatto male davvero a nessuno se non agli sconfitti. Forza Napoli, per te si è mobilitata persino l’Accademia della Crusca.