Scampia

Faida di Pianura, dal carcere il boss manda pizzini nelle buste di patatine: “Distruggi tutta la famiglia”

Stanno ricostruendo passo dopo passo gli ultimi anni che hanno visto i due clan, i Pesce-Marfella-Foglia da una parte, e i Mele-Romano dall’altra, tutti imparentati tra loro, contrapporsi per il controllo degli affari illeciti del territorio di Pianura, quartiere della zona occidentale di Napoli. Dalla scorsa estate la camorra locale ha quattro nuovi collaboratori di giustizia che in queste settimane stanno aiutando i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Francesco De Falco e Celeste Carrano, nelle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice per far luce sul sistema pianurese, su numerosi omicidi (almeno sei) ancora senza mandanti ed esecutori materiali e, soprattutto, sul reinvestimento dei capitali di provenienza illecita (Chi sono gli imprenditori che aiutano i clan?).

Tre dei quattro pentiti in questione sono da considerare dei veri e propri pezzi da novanta della mala di Pianura. C’è Pasquale Pesce,  41 anni, dettoBianchino’, boss dell’omonimo clan che insieme alla famiglia Marfella ha controllato per anni il territorio contrapponendosi ai cugini dei Mele, capeggiati da Salvatore e Giuseppe (“i figli ‘e Giuletta”) e, dopo il loro arresto, da Salvatore Romano, 37 anni, alias  ‘muoll muoll’, altro collaboratore di giustizia dell’ultim’ora. In mezzo l’altro pentito Raffaele Dello Iacolo, 29 anni, conosciuto come “Toc toc” per l’ingegnoso sistema “a fenestrella” che aveva adottato nella piazza di spaccio più renumerativa  (in passato fruttava dalle 30 alle 40mila euro alla settimana) del quartiere. Dello Iacolo “vanta” trascorsi sia con i Pesce-Marfella che con i Mele-Romano. Nell’ultimo periodo addirittura collaborava con entrambi. Pace, soldi e droga: riusciva a mettere tutti d’accordo.
Marginale, al momento, il contributo del quarto collaboratore di giustizia, Antonio Vanacore, 29 anni, luogotenente di “Muoll muoll” Romano, uno dei primi a decidere di passare dalla parte dello Stato con relativo trasferimento dal penitenziario di Secondigliano a un altro carcere.

In un verbale delle scorse settimane, pubblicato oggi su Il Mattino, Salvatore Romano spiega al pm anticamorra come dopo l’arresto, Giuseppe Mele ‘o pazzo comunicava  con i suoi affiliati attraverso diversi pizzini.

“Giuseppe Mele consegnava pizzini nelle buste di patatine, quando era detenuto. Era un modo per trasferire all’esterno gli ordini, consegnando loro delle buste di patatine che dovevano sgranocchiare per finta nelle quali venivano inseriti pizzini su aspetti cruciali della vita di una organizzazione camorristica…In una di queste lettere c’era l’ordine di annientare tutta la famiglia di Raffae Iacolo…”.

Circostanza inedita, anche perché negli ultimi anni i rapporti tra Romano, braccio destro e reggente dei Mele, e Dello Iacolo erano buoni. Più volte infatti sono stati intercettati dalle forze dell’ordine a telefono mentre disquisivano di come andavano gli affari e della brutta situazione che si viveva a Pianura.  Romano poi spiega anche come era strutturato il clan rivale:

Salvatore Marfella (26 anni figlio del boss Gisueppe ’a maddalena, al 41 bis da decenni) comanda i giovani ras mentre Pasquale Pesce dava ordini ai meno giovani”. 

Pasquale Pesce ha invece ricostruito diversi omicidi, anche da lui commissionati, sui quali al momento è mantenuto il più stretto riserbo sulle indagini. Le parole dell’ex boss (arrestato nel 2015 insieme Salvatore Marfella, Giuseppe Foglia, 27 anni, Paolo Rosario Furno, 25 anni, Emanuele Bracale, 25 anni) sono state riportate da Il Roma che sottolinea come le persone citate nei verbali vanno ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria: 

“Riconosco la persona raffigurata nella fotografia. Si tratta di Giuseppe Foglia. E’ affiliato al clan Pesce-Marfella dal 2013 insieme a Salvatore Marfella. E’ l’esecutore materiale di omicidi ordinati da me. Nell’ambito del clan si occupa di tutto anche del settore della droga. E’ una persone di cui mi fidavo tanto”.  

Più interessanti e concrete, almeno fino a questo momento, le dichiarazioni offerte da Dello Iacolo che rivela particolari inediti anche sull’omicidio di Francesco Balestrieri, ucciso il 10 aprile del 2014 in via Pallucci a Pianura, poche settimane dopo la sua scarcerazione. Balestrieri, in passato vicino ai Lago (clan dal quale nacque quello dei Pesce-Marfella), venne arrestato nel 2000 e dopo un breve periodo da pentito durato sette mesi fece marcia indietro. Nel verbale datato 14 settembre Dello Iacolo spiega:

“Conosco Emanuele Bracale. È un affiliato al clan Marfella. Fa parte del gruppo di fuoco insieme a Salvatore Marfella, Giuseppe Foglia, Antonio Campagna detto “Sasà”, Maurizio Legnante detto ’o talebano. La sera prima dell’omicidio di Francesco Balestrieri il Bracale venne insieme a Giuseppe Foglia a casa mia a nome di Salvatore Marfella e mi chiesero due pistole, che gli consegnai e precisamente una “Beretta” calibro 380 automatica e una calibro 357”.

Più in generale, “Toc toc” ricostruisce ruoli e dinamiche del clan Pesce-Marfella:

“Antonio Bellofiore detto “Brillantino” è un affiliato al clan Marfella-Pesce, nell’ultimo periodo comandato da Alfredo Foglia e da Vincenzo Foglia. Non credo abbia commesso fatti gravi, partecipa ad azioni armate tipo spari nelle finestre. Secondo quanto lui stesso mi ha raccontato, ha fatto la “filata” in occasione dell’omicidio di (omissis). Lorenzo Carillo è il cognato di Pasquale Pesce. Gestisce una piazza di spaccio di cocaina, crack ed erba in via Cannavino. La piazza è riferibile a Carillo e a Pesce. Che io sappia non è affiliato al clan. Francesco Ceci è un altro affiliato al clan Marfella-Pesce. Nel periodo del contrasto con i Mele-Romano girava anche lui armato. Per un periodo ha gestito la piazza di spaccio insieme a Lorenzo Carillo in via Cannavino e poi, dopo un contrasto, ha aperto una nuova piazza di cocaina nel luogo in cui abita. Rosario D’Angelo è un altro affiliato al clan Marfella-Pesce-Foglia. Faceva parte del gruppo armato nell’ultimo periodo. Si è affiliato dopo l’arresto di Pasquale Pesce e Salvatore Marfella, avvenuto, se non erro, nel luglio 2015. Alfredo Foglia è affiliato ai Marfella-Pesce. Dopo l’arresto di Pasquale Pesce e Salvatore Marfella, lui e il padre Vincenzo sono diventati i reggenti del clan. Vincenzo Foglia è un affiliato al clan Marfella-Pesce. Insieme al figlio Alfredo decise l’omicidio di…omissis… Conosco Salvatore Luongo. Non è un affiliato: è il suocero di Salvatore Marfella. Quest’ultimo è il reggente del clan Marfella-Pesce insieme al cugino Pasquale Pesce. Ha anche la gestione della piazza di cocaina venduta nel mio bunker. Preciso che presso il mio bunker è organizzata la vendita di fumo ed erba e ha minori ricavi; la gestione della vendita della cocaina appartiene a Salvatore Marfella…”.

Sulla famiglia Marfella, con la quale in passato condivideva più basi di spaccio nella zona di via Comunale Napoli, tutte a poca distanza tra loro, Dello Iacolo inguaia in un certo senso la posizione del rappresentate più piccolo, Salvatore:

“Non ho mai avuto rapporti con Giuseppe Marfella, essendo egli in carcere sin da quando io ero piccolo. Parlando con Salvatore e Mario, ho appreso che il padre Giuseppe mandava consigli su come si doveva muovere Salvatore perché inesperto. Conosco Mario Marfella. Per quanto ne so, non è affiliato al clan Marfella. Però, siccome porta il cognome Marfella e tutti a Pianura lo conoscono, può rifornire chiunque si cocaina, erba e fumo. Inoltre fornisce anche sigarette di contrabbando”.

“Ricordo un altro episodio a proposito di Salvatore Marfella. Siccome stava tutti i giorni a casa mia, temeva che un ragazzo che frequentava il mio parco perché fidanzato con una ragazza che vi abitava, potesse fare una filata al cugino, ossia Salvatore Romano detto “Muoll muoll”, per favorire un agguato ai suoi danni. Una domenica sera, se non erro, Salvatore Marfella mi disse di prendere il motorino e andare con lui. La sua intenzione era di gambizzare Gaudino. Per questa ragione ci recammo al bar di fronte al commissariato di Pianura e Salvatore Marfella entrò con un casco integrale nero con visiera dello stesso colore, armato di pistola calibro 45 cromata. Ma non trovò Gaudino”.

GLI OMICIDI ANCORA SENZA MANDANTI ED ESECUTORI MATERIALI:

Al momento la Direzione Distrettuale Antimafia, insieme alla Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Luigi Rinella, con il supporto del capo della sezione omicidi Mario Grassia, è a lavoro per ricostruire mandanti ed esecutori materiali degli omicidi degli ultimi anni.

Tra questi ci sono gli quelli di Luigi Mele, affiliato all’omonimo clan, avvenuto il 29 agosto del 2014, Gisueppe Perna, uno dei pezzi da novanta dei Pesce-Marfella, ucciso il 5 marzo 2016 (la pista seguita è quella dell’epurazione interna voluta presumibilmente dai Foglia, all’epoca reggenti del clan) e Raffaele Pisa, freddato lo scorso 13 dicembre 2016. Oltre al già citato omicidio di Francesco Balestrieri (10 aprile 2014), ci sono quelli di Fosco Di Fusco (28 giugno 2013) e di Vincenzo Birra (17 luglio 2013). Quest’ultimo era ritenuto dagli investigatori vicino al clan Mele come sottolineato anche dalla madre subito dopo l’omicidio del figlio. Particolare contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tommaso Parrella che lo scorso 14 marzo ha portato in carcere 27 persone dei clan Pesce-Marfella e dei Mele-Romano di Pianura.

 “Qualche giorno fa mio figlio mi ha confidato di aver partecipato, quale esecutore materiale, all’omicidio di Di Fusco Fosco, detto Foschetto, ucciso a Pianura il 28 giugno scorso, senza aggiungere altri particolari”

“…so che mio figlio ultimamente frequentava Catone Antonio, Arillo Vincenzo, i fratelli Giuseppe e Salvatore Mele, Bellofiore Antonio Aversano Luigi ed altri di cui non ricordo il nome; era solito frequentare spesso il civico 93 di via Napoli, ovvero la zona del cosiddetto quadrilatero”. 

 

Ciro Cuozzo

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