Menu di Carnevale: ecco cosa si mangia a Napoli per festeggiare

Esiste Carnevale e Carnevale! Quello napoletano, ad esempio, ha inizio il 17 gennaio, giorno in cui si celebra la Festa di Sant’Antuono, e termina martedì grasso che, quest’anno, cade il 28 febbraio. E’ proprio durante questa giornata che i partenopei, e non solo loro, sfruttano ogni momento libero per mangiare la carne prima dell’avvento del mercoledì delle Ceneri che, nella tradizione cristiana, segna l’inizio della Quaresima, ossia del tempo di preparazione alla Pasqua e, di conseguenza, dell’astinenza dai cibi grassi.

Durante il periodo carnascialesco, insomma, si può mangiare di tutto un po’. In fondo si tratta pur sempre di settimane all’insegna della baldoria e del buon cibo prima del periodo magro e di astinenze. Il clou dei festeggiamenti, almeno a tavola, si raggiunge proprio il giorno di martedì grasso che rappresenta la fine della settimana dei sette giorni grassi. Quindi è proprio per tale motivo che l’ultimo giorno di Carnevale si mangia, soprattutto a Napoli, l’impensabile e se sei curioso di scoprire le prelibatezze della cucina partenopea, non ti resta che continuare a leggere…

PRIMI PIATTI DI CARNEVALE

LA LASAGNA NAPOLETANA DI CARNEVALE

La lasagna di Carnevale non è certo nata a Napoli anche perchè la pietanza è di origine emiliana ma nel capoluogo campano, possiamo affermarlo senza alcun’ombra di dubbio, è stata rielaborata così bene a tal punto da poter parlare di una vera e propria rinascita. Se al Nord tra gli ingredienti regnano sovrani la besciamella e la carne tritata, da noi si è preferito sostituirli con ricotta, ragù, polpettine, e mozzarella… E chi può darci torto? In fondo si tratta pur sempre di un piatto preparato ad hoc per rappresentare l’abbondanza.

Certo perchè la preparazione è bella ricca, piena cioè di ogni “ben di Dio”. Non avrebbe potuto essere altrimenti visto che questa prelibatezza viene consumata in occasione del martedì grasso vale a dire prima del periodo di “magro”, di penitenza, e di astensione tipico della Quaresima. Per il napoletano doc, poi, la lasagna non è semplicemente l’emblema del Carnevale perchè la sua ‘ricchezza’ la rende il piatto indicato per ogni occasione “importante”. Provare per credere!

SECONDI PIATTI DI CARNEVALE

LE BRACIOLE E LA CARNE MISTA AL RAGÙ

La cucina napoletana carnevalesca è varia, divertente, colorata e va dalla preparazione di meravigliosi dolci tradizionali alla realizzazione di alcuni piatti davvero unici come, ad esempio, ‘o rraù che non è, volendo citare una famosa poesia di Eduardo De Filippo, semplicemente carne c’ ‘a pummarola“. Al suo interno deve pippiare la carne mista. Un posto d’onore meritano le braciole, il secondo preferito dei partenopei durante le festività carnascialesche. Non sono fette di carne spessa, si tratta piuttosto di involtini di carne bovina ripiene di uva passa, pinoli, aglio, prezzemolo e pecorino.

Questa pietanza pare essere nata intorno al Settecento. La ricetta originale delle braciole può essere considerata a tutti gli effetti un piatto della cucina patrizia napoletana. Si tratta, infatti, di una delle tante prelibatezze messe a punto dai cuochi francesi trapiantati a Napoli al seguito dei nobili della Corte Borbonica, i quali inventarono tante ricette della cucina napoletana fondendo le tecniche culinarie francesi con i superlativi ingredienti e le tradizioni locali.

DOLCI DI CARNEVALE

IL MIGLIACCIO

Il re della tavola napoletana durante il martedì grasso risponde al nome di migliaccio. La vera ricetta tradizionale prevedeva l’utilizzo del miglio, un cereale molto povero a cui si deve anche l’origine del nome di questo straordinario dolce tutto partenopeo. Nel corso del tempo però questo ingrediente è stato completamente sostituito dal semolino. Le modifiche che si sono succedute non finiscono qua perchè in passato nella preparazione di questa prelibatezza veniva adoperato anche il sangue di maiale.

Verso la fine del Settecento questo dolce carnascialesco a base di miglio e insaporito dal sangue di maiale, purtroppo, mutò. Come accadde quasi 3 secoli dopo per il sanguinaccio, anche in questo caso non fu più possibile adoperare il sangue di maiale come ingrediente principe soprattutto a causa dell’intervento della borghesia e della chiesa cattolica. Questo alimento “vampiresco” venne sostituito dallo zucchero, cannella farina e uova, e il migliaccio si trasformò nel dolce moderno che noi oggi conosciamo.

CHIACCHIERE

Se volete assaporare la vera essenza del Carnevale a tavola, allora non dovete perdervi le chiacchiere. Si tratta di un dolce delle origini antiche, diffuso in tutta Italia ma è molto probabilmente a Napoli che questa prelibatezza ha trovato la sua migliore espressione con una conformazione che fa subito gridare di piacere. Nel capoluogo campano, infatti, le chiacchiere, a differenza dalle altre regioni del Belpaese, sono composte da una striscia di pasta con bordatura a zig-zag.

Leggenda narra che questa delizia del palato venisse preparata già in epoca romana durante i Saturnali, tra le feste latine più antiche dell’Impero Romano. E’ proprio in occasione di questa celebrazione che si cucinavano i “frictilia“. Due soli ingredienti ( uova e farina ) fritti ad hoc nel grasso di maiale assicuravano dei dolcetti a cui era davvero difficile resistere. Tra le amanti di queste delizie del palato figurava addirittura la Regina di Savoia. Insomma non è Carnevale senza la ricetta delle chiacchiere.

SANGUINACCIO

Concludiamo la carrellata di piatti che si servono a Napoli per festeggiare con tutti gli onori Carnevale con il famoso sanguinaccio. Certo, ad oggi, sarebbe d’obbligo cambiare il nome a questa delizia del palato visto che è ormai dal 1992 che non è più possibile adoperare il sangue di maiale per la sua preparazione. Alle macellerie, infatti, fu imposto il divieto di vendita di tale ingrediente e, per forza di cause maggiori, la tanto apprezzata ricetta originale fu costretta a qualche cambiamento di troppo.

Ciononostante sono ancora in molti i napoletani che proprio non riescono a rinunciare a questa magnificenza del palato nonostante l’assenza dell’ingredienti principe. Certo la malinconia è tanta ma nel capoluogo campano il trascorrere inesorabile del tempo e tutte le vicissitudini storiche hanno insegnato l’importante arte dell’arrangiarsi. Quindi anche senza il contributo ‘vitale’ del maiale, la ricetta del sanguinaccio val la pena d’essere ancora preparata per la gioia sia di grandi che di piccini.

redazione

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