Il 22 aprile dello scorso anno alla Sanità c’è stata la svolta nei rapporti di forza tra clan camorristici. Infatti quello fu il giorno in cui la faida tra i sodalizi Esposito-Genidoni-Spina e quello dei Vastarella ha raggiunto il suo apice. In quella data è avvenuta la cosiddetta strage delle Fontanelle dove hanno perso la vita il boss Giuseppe Vastarella e il cognato Salvatore Vigna. Un attacco frontale, nel fortino del clan egemone del quartiere, ad opera dei nemici più agguerriti. Gli Esposito-Genidoni-Spina hanno risposto all’omicidio del loro boss Piero Esposito detto Pierino e del suo giovanissimo figlio Ciro detto ‘o Spagnuolo, uccisi nel 2015. Una vendetta che ha scatenato una scia di sangue che ha sconvolto l’intera zona.
La mappa della camorra: ecco chi comanda in città
“Erano circa le 19,30, io mi trovano proprio a due passi dal circolo. Potevano essere una decina di metri, non di più. Poi, all’improvviso, ho visto questo grosso motorino arrivare ad alta velocità. Le persone a bordo indossavano i caschi e avevo il volto coperto con lo scaldacollo. Ho capito subito cosa stava per accadere”, è iniziato così il racconto rilasciato nell’aula di tribunale da Rita Cantalupo la vedova di Giuseppe Vastarella boss della Sanità ucciso durante l’agguato ricordato come la strage delle Fontanelle.
Come presunti mandanti Addolorata Spina e Antonio Genidoni, rispettivamente moglie e figliastro del boss Pierino Esposito ucciso al rione Sanità nel novembre del 2015. Con loro avrebbero partecipato alla pianificazione del raid mortale, Vincenza Esposito (moglie di Genidoni), Emanuele Esposito (il killer) e Alessandro Dainello il suo accompagnatore. La moglie di Vastarella, come riportato da Il Roma, ha ricostruito in aula la fase esecutiva del delitto: “Non ho avuto neppure il tempo di ‘bussare’ con il motorino che il passeggero è sceso e ha cominciato a sparare all’impazzata. Quando si sono allontanati, fuggendo verso la Sanità, sono subito entrata nel circolo. Mio marito era ancora vivo, con un filo di voce mi disse che i figli stavano bene. Poi null’altro. Siamo andati di corsa verso l’ospedale. Siamo arrivati al San Gennaro, ma lì non c’è il pronto soccorso e i medici non hanno potuto fare nulla per mio marito. Abbiamo quindi raggiunto il Pellegrini, ma ormai era troppo tardi“.
Anche Vincenzo Vastarella, uno dei figli di Giuseppe, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito a quel giorno. Il giovane, rispondendo alle domande del pubblico ministero, ha affermato: “Quando quelli sono arrivati, io mi trovavo proprio all’interno del ‘biliardo’. Hanno iniziato a sparare ancor prima di entrare. Io sono riuscito a scappare subito, guadagnando l’uscita e mettendomi in salvo in un palazzo di fronte al circolo. Quando sono andati via, sono tornato nel circolo. Mio padre non parlava più, però aveva ancora gli occhi spalancati”.
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