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Pescivendolo ucciso a Boscoreale, ci sono i primi sospettati per l’omicidio di Antonio Morione

Svolta nelle indagini sull’omicidio di Antonio Morione, il pescivendolo di Boscoreale (Napoli) ucciso la sera del 23 dicembre scorso a colpi di arma da fuoco per avere reagito ad un tentativo di rapina. I carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre Annunziata (Napoli) hanno infatti eseguito un decreto di perquisizione nei confronti di quattro persone, tutte ritenute vicine al clan camorristico dei Gallo-Limelli-Vangone, attivo nella città oplontina e nei comuni limitrofi.

I primi sospettati per l’omicidio del pescivendolo Antonio Morione

Lo riferiscono organi di stampa. Il decreto di perquisizione eseguito dai militari dell’Arma su disposizione della Procura torrese ha riguardato Giuseppe Vangone, 30 anni, erede di una delle famiglie criminali più note della zona; Angelo Palumbo, 33 anni; Francesco Acunzo, 30; Luigi Di Napoli, 42 anni, quest’ultimo figliastro del boss Andrea Vangone e già in carcere per essere accusato (insieme ad un diciottenne) di stare organizzando l’omicidio del suo avvocato, reo – secondo Di Napoli – di non avere programmato una corretta difesa in merito ad altri processi nel quale il quarantaduenne è coinvolto.

Le indagini

Da ciò che si apprende, i carabinieri avrebbero anche perquisito la casa del boss settantenne Giovanni Antonio Vangone, che però non risulta indagato per l’omicidio del pescivendolo. Durante le attività, sono stati portati via in particolare supporti elettronici (cellulari, tablet e computer) e altro materiale ritenuto importante per il proseguimento delle indagini Antonio Morione fu ucciso la sera del 23 dicembre 2021 all’esterno della pescheria ”Il delfino” di via Giovanni Della Rocca per avere reagito al tentativo di rapina condotto da quattro persone su un’auto.

La ricostruzione

In particolare, l’uomo squarciò uno pneumatico della vettura come reazione al fatto che contro la figlia, in quel momento presente nell’attività commerciale, era stata puntata una pistola. Le indagini che scattarono immediatamente dopo il terribile fatto di sangue fecero emergere che in precedenza i banditi avevano eseguito un’altra rapina, in questo caso andata a segno, ad una seconda pescheria, distante in linea d’aria poche centinaia di metri e gestita dal fratello della vittima. L’auto con la quale i delinquenti si sarebbero mossi, una Fiat 500 risultata poi rubata, fu ritrovata incendiata all’interno del complesso residenziale Parco Napoli.

redazione

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