Il boato fu sentito a tanti chilometri di distanza. Un’esplosione fortissima che devastò il il circolo americano USO (United States Organization), sito all’epoca in calata San Marco. Quest’ultima è la strada che ha dato il nome all’omonima strage che causò la morte di cinque persone. Altre 15 rimasero ferite.
Era il 14 aprile 1988 e questa mattina a Napoli – 33 anni dopo l’attentato terroristico – davanti al luogo del pluriomicidio, è stata scoperta una targa commemorativa. Presenti il Prefetto Marco Valentini, il Capo Procuratore Giovanni Melillo, il Questore Alessandro Giuliano, il Sindaco Luigi De Magistris e il Console Usa Mary Avery.
Quest’ultima ha dichiarato: “La celebrazione di oggi per i 33 anni dell’attentato di Calata San Marco a Napoli sono il simbolo dell’amicizia tra gli Stati Uniti e l’Italia“. Ha invece affermato il primo cittadino: “Oggi ricordiamo in modo istituzionale l’attentato del 14 aprile del 1988, Napoli è una città che non dimentica“.
Dove un tempo c’era il circolo statunitense, oggi c’è un parcheggio. Ma questo non ha impedito alle istituzioni di ricordare una strage che colpì al cuore il capoluogo partenopeo. Anche Napoli, dunque, città vittima del terrorismo internazionale.
Dopo 33 anni la Procura di Napoli ha riaperto le indagini. Ci sarebbero nuovi elementi a disposizione degli inquirenti che potrebbero segnare una svolta per l’inchiesta. Ad oggi, colui che è considerato l’esecutore dell’attacco, è ancora latitante ed è stato inserito nella lista internazionale dei ricercati più pericolosi.
Si chiama Junzo Okudaira. Sarebbe stato lui, insieme alla femme fatale Fusako Shighenobu, ad organizzare l’attentato e a riempire con 30 chili di esplosivo la Ford Escort che esplose davanti al circolo USO. Erano circa le 20 di sera di quello che sembrava un normale giovedì.
Invece l’attacco, oltre a devastare la struttura, uccise Assunta Capuano (32 anni), Guido Scocozza (25 anni), Maurizio Perrone (21 anni), Antonio Ghezzi (62 anni) e Angela Santos (26 anni). Okudaira e Shighenobu facevano parte di un’organizzazione terroristica nipponica: l’Armata Rossa Giapponese.
Un collettivo anti imperialista, anti sionista e anti occidentale che si è macchiato di diversi crimini. Uno dei più crudeli fu commesso il 29 maggio del 1972. Il fratello di Junzo, Tsuyoshi Okudaira, si fece esplodere all’aeroporto di Tel Aviv uccidendo 24 persone.
L’attacco terroristico fu eseguito in nome del Fronte popolare di liberazione della Palestina. Non è più un mistero, infatti, che l’Armata ha avuto forti legali con la jihad islamica. Per la strage di calata San Marco ci sono già stati alcuni verdetti espressi dal Tribunale.
Junzo Okudaira è stato condannato all’ergastolo dai giudici italiani il 20 marzo del 1992. Successivamente, il bombarolo giapponese è stato condannato anche negli USA, il 9 aprile del 1993, sempre per terrorismo.
In quel caso la sentenza coinvolse anche Fusako Shighenobu, poi assolta per assenza di prove. Quest’ultima è stata moglie di Tsuyoshi Okudaira e fino al suo ultimo e definitivo arresto (avvenuto ad Osaka nel novembre del 2000 dopo 30 anni di latitanza: è stata condannata a 20 anni di carcere), era una delle più temute e ricercate terroriste a livello mondiale.
Alcune ricostruzioni degli inquirenti hanno evidenziato che la coppia fu avvistata in piazza Garibaldi, poco tempo prima dell’attacco a calata San Marco. Si sarebbero trovati a bordo proprio di quella maledetta Ford Escort, noleggiata precedentemente in via Partenope.
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