Poco dopo le 14.30 la Corte d’Assise ha pronunciato la sentenza nei confronti di Antonio Ciontoli e dei suoi familiari per l’omicidio di Marco Vannini. Riconosciuto l’omicidio volontario per Antonio Ciontoli, che è stato condannato a 14 anni. Riconosciuto il concorso per la moglie e i due figli – Maria Pezzillo, Federico e Martina Ciontoli – che sono stati condannati tutti a 9 anni e 4 mesi.
Sentenza accolta tra gli applausi e la gioia della famiglia Vannini. “La giustizia esiste, dovete lottare sempre”, queste le parole di Marina Conte – madre di Marco – dopo la pronuncia della sentenza.
Grossa attesa per la sentenza del processo di appello bis sulla morte di Marco Vannini. In aula ha preso la parola il principale imputato Antonio Ciontoli, che ha parlato, commosso, di un “irrecuperabile errore”.Questa “è una sentenza già scritta”, ha detto il pg Vincenzo Saveriano. “E non può esserci un concorso colposo in un omicidio volontario – ha aggiunto parlando di Antonio Ciontoli, della moglie Maria Pizzillo e dei due figli Federico e Martina, imputati per l’omicidio del giovane -. Tutti hanno aiutato Ciontoli e hanno mentito. Il concorso è pieno e di tutti i soggetti nell’omicidio volontario con dolo eventuale”. La procura generale aveva chiesto una condanna a 14 anni di carcere per omicidio volontario di tutta la famiglia, nella cui casa venne ferito mortalmente il 21enne di Cerveteri morto nel 2015. In subordine aveva chiesto una condanna a 9 anni e 4 mesi per Pizzillo e i due figli, mantenendo il concorso nell’omicidio.
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All’appello bis si è arrivati dopo la pronuncia della Cassazione che ha annullato la condanna per omicidio colposo e chiesto di riconoscere il reato di omicidio volontario con dolo eventuale.
Nel corso di una dichiarazione spontanea Antonio Ciontoli si è scusato con la famiglia Vannini per aver causato tanto dolore: “Ho causato tanto dolore. In pochi minuti ho messo insieme tanti errori. Sono stato poco umile cercando si tranquillizzare i presenti ma non ho mai immaginato che Marco fosse in pericolo di vita; per me il proiettile era nel braccio. Ero certo che nulla di grave stesse accadendo. Sono vittima del mio comportamento e ho coinvolto i miei cari in una vicenda che non gli riguarda affatto mostrando certezza”. Ha poi puntualizzato. “Non sono un esperto d’armi. Il mio ruolo”, nell’ambiente militare in cui lavorava “e’ sempre stato maneggiare carte”. Ha anche detto che l’umilta’ “rende migliori le persone. Umilta’ che mi e’ mancata e io quella sera non sono stato un uomo migliore”.
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