Dopo aver smentito, nel maggio scorso, le voci sulle condizioni precarie di salute chiedendo solo di poter continuare a vedere la figlia (che dopo i 12 anni non potrà più avere contatti fisici col papà, detenuto in regime di 41 bis), Raffaele Cutolo concede una interessante intervista ad Antonio Mattone, scrittore e portavoce (e volontario) della Comunità di Sant’Egidio, pubblicata questa mattina sulle pagine de Il Mattino.
L’ex boss di Ottaviano, capo della Nuova Camorra Organizzata, ha già passato in carcere 56 dei suoi 78 anni. Attualmente è recluso nel carcere di massima sicurezza di Parma dove incontra Mattone per parlare anche della morte di Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso nel 1981, la cui storia verrà raccontata in un libro che uscirà nei prossimi mesi. Cutolo “appare trasfigurato rispetto alle immagini che lo hanno ritratto in questi anni. Ha il respiro affaticato, il volto smagrito, i capelli lunghi e la barba incolta, segno di una certa trascuratezza, anche se mantiene un suo contegno”.
“ASPETTIAMO LA MORTE ” – ‘O professore “ha perso il piglio risoluto e sarcastico che contraddistingueva le sue uscite ma conserva una grande memoria e il senso di humor. Ricorda fatti e nomi con una grande lucidità e ogni tanto accenna a una battuta”. L’inizio dell’intervista racchiude un po’ tutto questo. Quando gli viene chiesto “Come sta?”, Cutolo risponde senza fronzoli: “Aspettiamo la morte”. Poi aggiunge: “Non è meglio la pena di morte? Un attimo di coraggio e poi finisce tutto, così invece è una sofferenza continua”.
Raffaele Cutolo è l’unico detenuto in Italia a non avere contatti con altri carcerati. Da mesi rinuncia anche all’ora d’aria da trascorrere in un corridoio lungo e stretto con pareti altissime. Arrestato in giovane età per omicidio, è in carcere dal 27 febbraio 1963 salvo l’evasione da film dal manicomio: “Mi sono allontanato solo per un periodo, un po’ “rumorosamente” dall’Opg di Aversa”.
IL CARCERE LO FECE BOSS – Cutolo ricorda i suoi trascorsi nel carcere di Poggioreale, dove divenne di fatto il boss della Nuova Camorra Organizzata: “Lì sono cresciuto, e quel luogo lo sento un po’ come casa mia. Stavo nel padiglione Milano stanza 13 e poi mi passarono alla numero 1. A Poggioreale divenni un boss perché non sopportavo l’arroganza dei mammasantissima dell’epoca che volevano imporre la loro legge all’interno di quelle mura. La mia fu una ribellione”.
IL CAFFE’ E DE ANDRE’ – Celebre la canzone “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè che ricorda il celebre rituale del caffè che Cutolo conferma in toto: “II mio compagno di stanza (che in effetti era un vero e proprio inserviente, ndr) si chiamava Menichiello ed era di Pianura. Ancora non sono riuscito a capire come riusciva a fare un caffè così buono”. Caffè che anche le “guardie” si fermavano nei pressi della stanza per sorseggiarlo.
GLI ACCIACCHI E LA CUCINA- Dall’artrite alla vista. “Da un occhio non ci vedo più e dall’altro la visione è ombrata” spiega Cutolo che poi spiega il suo quotidiano: “Qualche sera mi cucino la pasta e fagioli, con i legumi in scatola è tutto più facile. E poi guardo qualche programma in televisione: l’altro giorno ho visto quello di Massimo Ranieri, “Sogno o son desto”. L’unico rammarico è rappresentato dalle canzoni di Sergio Bruni che ‘O professore non può ascoltare da quando si trova nel carcere di Parma.
L’INCONTRO CON TOTO’ RIINA -Nel carcere di Parma ha vissuto gli ultimi anni della sua vita Totò Riina. Rispondendo a una domanda sulla strage di via D’Amelio in cui morì nel 1992 Paolo Borsellino (due mesi prima toccò a Giovanni Falcone, Cutolo parla dell’incontro col capomafia siciliano: “Erano due grandi giudici. Ma Totò Riina era spietato, lo incontrai due volte durante la latitanza e una volta gli buttai la pistola addosso“.
MORO E GAVA – “Seppi da uno dei componenti della banda della Magliana, un tale Nicolino Selis, il covo dove era nascosto lo statista, e lo feci sapere ad Antonio Gava che però mi mandò a dire: don Rafé fatevi i fatti vostri”.
“NCO SCONFITTA DA CIRILLO” – Cutolo fu invece coinvolto dai Servizi Segreti per liberare l’assessore regionale Ciro Cirillo ma come ricompensa ottenne l’esilio all’Asinara. “La Nco non fu sconfitta dallo Stato ma da Ciro Cirillo”.
“NOTTI INSONNI” – “A volte sogno tutti questi morti uccisi, Carlo Biino, Pasquale D’Amico il cartonaro, che si è pentito; me li sogno tutti”.
“MAI PENTITO” – Nonostante gli oltre 56 anni di carcere, Raffaele Cutolo non ha mai pensato di collaborare con la giustizia. Circostanza che ribadisce anche nell’intervista rilasciata a “Il Mattino”: “Fino a due anni fa sono venuti per convincermi a parlare. Quando stavo nel carcere di Carinola mi proposero di andare in una villetta con mia moglie per fare l’amore con lei, ma io non ho voluto; non volevo far arrestare qualcuno per poter stare con Immacolata, non l’avrei mai accettato. Il pentimento è davanti a Dio”.
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