Ucciso davanti al nipotino, l’omicidio sotto casa del boss: la vendetta del clan che non muore mai

Raggiunto da almeno sei proiettili mentre si apprestava a salire in auto con il figlio Pasquale, 32 anni, e il nipotino di quattro. Erano diretti alla vicina scuola dell’Infanzia dove avrebbero lasciato il piccolo prima di andare a sbrigare altre commissioni. E’ stato ammazzato così Luigi Mignano, 58 anni, davanti agli occhi di un bambino che, armato di zainetto rosso con sopra l’immagine di un ragno nero, stava andando come ogni mattina in classe dai suoi amici.

I killer sono entrati in azione alle 8.50 nel rione Villa di San Giovanni a Teduccio, periferia orientale di Napoli. Conoscevano le abitudini di Mignano. Lo avevano studiato, o qualcuno lo ha fatto per loro, nei giorni precedenti. Sapevano che sarebbe uscito di casa e, nonostante la presenza del nipotino (nel recente passato ci sono stati altri episodi simili), sono entrati in azione all’angolo tra via Ravello e via Sorrento, di fronte alla chiesa San Giuseppe e Madonna di Lourdes e a poche decine di metri dalla scuola dell’Infanzia dove era diretto il bambino: la “Vittorino Da Feltre”.

Con il volto coperto da caschi integrali, i sicari sono andati a colpo sicuro forti anche dell’assenza di telecamere nella zona. Ben 12 i bossoli calibro 9×21 raccolti dalla Scientifica della polizia, almeno sei i proiettili che ha centrato in più parti del corpo Luigi Mignano, vittima designata dell’agguato, stramazzata al suolo con i suoi oltre cento chili di peso.

Durante la raffica esplosa dal passeggero dello scooter, il vetro posteriore della Renault Clio grigia, parcheggiata a bordo strada, è andato in frantumi, mentre Pasquale Mignano è stato raggiunto da una scheggia di proiettile alla gamba. Trasportato in ambulanza all’ospedale del Mare, è stato medicato e dimesso poco dopo. Illeso il bambino di quattro anni, allontanato subito dal luogo dell’agguato. A ricordare la sua presenza, all’arrivo dei primi soccorritori, lo zainetto rosso accanto al cadavere del nonno.

LA PISTA DELLA FAIDA – Luigi Mignano aveva precedenti per estorsione, droga e associazione di stampo mafioso. E’ ritenuto dagli investigatori organico al clan Rinaldi (ha sposato la sorella del boss), egemone nel Rione Villa e in contrasto da anni con il cartello dei Mazzarella, supportato a San Giovanni dalle famiglia malavitose D’Amico e Silenzio. Il figlio Pasquale risulta invece incensurato. Diverse ore dopo l’omicidio, nel vicino comune di San Giorgio a Cremano, la polizia ha trovato uno scooter bruciato che potrebbe essere riconducibile a quello utilizzato dai due sicari entrati in azione di buon mattino. Circostanza questa che, se dovesse essere confermata, rafforzerebbe una pista già ampiamente battuta dagli investigatori e che porta dritto al clan Mazzarella, che a San Giorgio a Cremano ha acquisito notevole potere negli ultimi anni.

L’ESECUZIONE SOTTO CASA DEL BOSS – L’agguato è avvenuto a poche decine di metri dall’abitazione, al civico 31, dove risiedeva, prima del periodo di latitanza iniziato negli ultimi mesi del 2018, il boss Ciro Rinaldi. My Way è stato poi arrestato a metà febbraio a San Pietro a Patierno. I sicari sono entrati in azione nel fortino del clan e hanno scelto un orario insolito, confondendosi nella vita quotidiana del quartiere per poi assestare un duro colpo a un clan già indebolito dall’arresto del suo reggente e dai continui attacchi delle forze dell’ordine.

Lo zainetto del nipote della vittima

LE INDAGINI – Perché uccidere proprio Luigi Mignano? E’ l’interrogativo al quale dovranno dare una risposta le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Napoli e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea. Sullo sfondo la faida infinita tra i Rinaldi-Reale-Formicola, supportati in altre zone della città dai Sibillo (Decumani), dai Caldarelli  (Case Nuove), dai Minichini-De Luca Bossa (Ponticelli) e dagli Aprea (Barra), e i Mazzarella, storica cosca dalle numerose ramificazioni che, oltre al già citato supporto dei D’Amico-Silenzio a San Giovanni e di altre famiglie altrove (Farraiuolo a Forcella, Iodice-Perez ai Decumani), può contare su alcuni dei suoi capi attualmente in libertà (Salvatore Barile in primis) che hanno ricompattato un clan decimato dagli arresti, nell’ultimo anno, di Francesco Mazzarella, Maurizio Donadeo e Salvatore Fido.

IL PRECEDENTE OMICIDIO – L’ultimo omicidio a San Giovanni a Teduccio è stato registrato il 30 ottobre scorso quando sul corso San Giovanni venne ammazzato Salvatore Soropago, vicino ai Mazzarella, e ferito un innocente. L’omicidio MigNano potrebbe dunque essere un segnale inviato dai nemici a una cosca orfana del suo capo e di alcuni suoi preziosi alleati (ci sono stati arresti nel clan Sibillo e nei Minichini-De Luca Bossa-Aprea). Sono attualmente latitanti invece tre luogotenenti del boss Ciro Rinaldi, ricercati da mesi per estorsione aggravata dalla finalità mafiosa. Si tratta dei fratelli Ciro e Sergio Grassia e di Raffaele Oliviero (detto ‘o pop). A fine ottobre il quarto ricercato, Raffaele Maddaluno (detto “Nzalatella”), si consegna alle forze dell’ordine.

Una organizzazione in difficoltà quella dei Rinaldi-Reale, indebolita a fine marzo scorso dall’arresto di un elemento apicale dei Reale. Si tratta di Mario Reale, 49 anni, sorpreso dai carabinieri mentre spacciava dosi di eroina a tre tossici. Una istantanea che sintetizza appieno le difficoltà che stanno vivendo i due clan.

 

Ciro Cuozzo

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