A Sant’Agata sui due Golfi, negli anni Sessanta, non era raro imbattersi in uno spettacolo inusuale: un gatto domestico che, addestrato dal suo padrone, compiva dei salti incredibili tenendo una sigaretta in bocca. Il nome del gatto era Jolly e il suo padrone era Alfredo Cilento, gestore dell’antico e conosciuto bar Orlando, nel quale si tenevano le esibizioni.
La notizia attirò l’attenzione dei media, che diverse volte dedicarono al duo articoli e servizi in televisione, e persino il “Daily American” pubblicò, nel settembre del 1963, un pezzo sul “gatto prodigioso”.
Dopo la scomparsa di Jolly, Cilento volle rendergli omaggi scrivendo un libro su di lui, “Jolly, il gatto che fuma”; in uno dei passaggi più commoventi del libro, Cilento racconta di come Jolly, durante un’esibizione, avesse quasi rischiato di ferirlo: “Invece di tirare fuori istintivamente le unghie per aggrapparsi sul mio viso preferì cadere per terra pur di non farmi male. Se lo avesse fatto mi avrebbe quasi sicuramente accecato. Fu questo l’episodio che maggiormente mi convinse che alla base della nostra comunicativa e della nostra comprensione reciproca vi era un sentimento chiaramente ricambiato”.
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