Sono state convalidate dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nove ordinanze di custodie cautelare in carcere dopo il decreto di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed eseguito alle 4 del mattino di lunedì 12 febbraio dagli agenti della Squadra Mobile nella zona orientale della città.
In carcere sono finiti nove affiliati al clan Mazzarella, tra cui il boss Francesco Mazzarella, 46 anni, figlio di Salvatore ucciso in un agguato nel ’95. Sono tutti ritenuti responsabili a diverso titolo di avere promosso, organizzato e partecipato all’associazione di tipo mafioso denominata clan Mazzarella, operante prevalentemente nell’area orientale della città di Napoli e, nello specifico, nel quartiere San Giovanni a Teduccio.
I NOMI – Oltre a Francesco Mazzarella, in carcere sono finiti Francesco Barattolo, 33 anni, Luigi Bonavolta, 24 anni, Raffaele Donadeo, 21 anni, Gennaro Limatola, 32 anni, Giovanni Ravolo, 41 anni, Ciro Russo, 56 anni, Raffaele Santaniello, 25 anni, Pasquale Troise, 35 anni.
L’attività investigativa realizzata dalla Squadra Mobile partenopea, diretta dal primo dirigente Luigi Rinella, coordinata dai magistrati della DDA partenopea, ha permesso di acquisire precisi indizi per i quali il clan Mazzarella si avvaleva della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, al fine di affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni criminose rivali (Rinaldi, Reale, Formicola) e la repressione violenta dei contrasti interni, nonché al fine di sopprimere o intimidire i soggetti che a quel controllo si contrappongono, assicurare impunità agli affiliati attraverso una capillare rete di appoggi e connivenze, finalizzati a prevenire interventi delle forze di polizia e a garantire la latitanza degli esponenti colpiti da ordini giudiziari di cattura, al conseguimento di profitti e vantaggi attraverso la commissione di una serie di attività illecite.
LA SCISSIONE MAZZARELLA-FORMICOLA – Le indagini scaturite dall’omicidio, avvenuto il 26 agosto del 2012, di Vincenzo Di Pede, affiliato al clan Formicola, hanno consentito non solo di individuare gli autori dell’omicidio in Raffaele Russo e Rosario Guadagnuolo, affiliati al clan Mazzarella, già condannati in primo grado, ma anche di dimostrare l’attuale operatività del clan al cui vertice spicca la figura di Francesco Mazzarella, soprannominato ‘o parente che, anche non si è mai esposto in prima persona nelle azioni violente, ha assunto il ruolo di capo indiscusso in virtù anche dell’investitura che gli deriva dall’appartenenza alla famiglia Mazzarella. Le investigazioni hanno, inoltre, accertato che l’omicidio Di Pede ha determinato una spaccatura tra il clan Mazzarella e il clan Formicola, un tempo alleati e la nascita di una nuova alleanza tra il clan Formicola e il clan Rinaldi. Dal mutamento degli assetti criminali sono scaturiti alcuni episodi di violenza avvenuti negli anni 2014 e 2015, consistiti in atti di ritorsione e in reciproci agguati, chiaramente riconducibili alla faida tra i Mazzarella e i Rinaldi-Reale-Formicola, in considerazione delle vittime attinte, dei luoghi in cui si sono verificati e delle modalità operative.
LE MANI SU PONTICELLI DOPO IL BLITZ CONTRO I BODO – Dalle indagini svolte negli ultimi mesi è emerso, invece, che l’annoso scontro tra i Rinaldi-Reale-Formicola e i Mazzarella si è acuito a causa degli arresti eseguiti nel novembre 2017 nei confronti di numerosi esponenti del clan De Micco, operante nel quartiere di Ponticelli, che hanno comportato un mutamento degli assetti criminali e la formazione di nuove alleanze nel tentativo di conquistare un territorio fino a quel momento appannaggio dei De Micco. In tale ottica si spiegherebbero le azioni di fuoco e gli attentati dinamitardi commessi nell’ultimo periodo, consistenti in esplosione di colpi d’arma da fuoco contro le abitazioni di affiliati alle fazioni in lotta.
STESE, BOMBE E MORTI ACCIDENTALI – L’8 dicembre 2017 in via Sorrento sono stati esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione di Sergio Grassia, personaggio di spicco del clan Rinaldi. La notte del 22 dicembre in via Ferrante Imparato è deceduto Antonio Perna, ritenuto affiliato al clan Mazzarella, a seguito della deflagrazione di un ordigno che la stessa vittima stava piazzando insieme alla compagna, rimasta anch’essa ferita, nei pressi dell’abitazione di una famiglia dedita allo spaccio di sostanza stupefacente.
Il 31 dicembre del 2017 da una perquisizione effettuata nell’abitazione di Luigi Gitano, affiliato al clan Mazzarella sono state rinvenute 182 munizioni di vario calibro, un silenziatore ed un impianto di video sorveglianza, oltre che uno sgabello nei pressi della finestra, a dimostrazione che al momento dell’intervento della Volante l’uomo era in compagnia di altre persone poi scappate.
Poche ore prima era stato ferito a causa dell’esplosione di colpi d’arma da fuoco un bambino di 12 anni, che si trovava in zona San Giovanni a casa di parenti per festeggiare il Capodanno. Da una prima ricostruzione risulta che ad esplodere i colpi siano stati 4 soggetti, con volto travisato, che avrebbero indirizzato gli stessi all’indirizzo dell’abitazione di Sergio Grassia, elemento di spicco dei Rinaldi.
Il 14 gennaio del 2018 l’abitazione di Maurizio Donadeo, affiliato al clan Mazzarella (e imparentato con Salvatore Donadeo ‘o puzzolente, elemento di spicco del clan arrestato nel 2015), è stata oggetto dell’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco. Tali episodi rappresentano la chiara dimostrazione dell’attuale operatività delle organizzazione criminali in lotta e dell’impegno profuso dagli affiliati nella guerra per il controllo della attività illecite.
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