Cronaca

Ornella, uccisa dal compagno a Napoli, la sorella: “Le sue urla al telefono, il terrore”

La morte di Giulia Cecchettin ha riaperto una ferita dolorosa nella sorella di Ornella Pinto, la donna uccisa s Napoli dal compagno, Giuseppe Iacomino. L’uomo, di 43 anni, è rinchiuso in carcere dopo l’omicidio della compagna avvenuto nella notte tra il 12 ed il 13 marzo 2021, con in casa il loro figlio di 3 anni.

Dopo lìomcidio, la famiglia di Ornella ha chiesto che il piccolo venisse affidato a sua sorella maggiore. Giuseppe Iacomino accoltellò per ben 12 volte la convivente prima di darsi alla fuga dal quartiere di San Carlo all’Arena dove i due vivevano. La donna, dopo aver chiamato la sorella, fu portata in ospedale. Le sue condizioni, già all’arrivo in codice rosso al pronto soccorso, apparvero subito gravissime.

I medici tentarono un delicatissimo intervento al torace ma la donna poco dopo morì, a causa delle numerose ferite riportate. L’uomo, dopo la fuga, si costituì alla stazione dei carabinieri di Montegabbione, in provincia di Terni.

Oggi, a Repubblica Napoli,  Sorella Pinto  ricorda quei momenti così: “Quel grido al telefono spesso non mi fa dormire. È una cosa che non riesco a superare. Mi torna in mente e ancora rabbrividisco. A volte la ritengo quasi una punizione. Ho percepito il dolore di mia sorella e questa cosa mi fa soffrire anche più della sua morte, della sua assenza. Soffro per il dolore che lei ha subito: quelle urla erano veramente sconvolgenti, di dolore e terrore”. S

Assistita dagli avvocati Valeria Pessetti e Mino Capasso, Pinto sta affrontando il processo di appello nei confronti dell’uomo che ha tolto la vita alla sorella, condannato all’ergastolo in primo grado. Al termine del processo chiedere l’adozione del bambino che all’epoca non aveva neanche 3 anni. Queste le sue parole sull’omicidio di Giulia e sull’adozione del nipote. “Si pensa sempre ai femminicidi credendo che la vittima abbia subito violenze fisiche in precedenza invece non è così. Esiste la violenza psicologica che è molto più subdola. Spesso le vittime pensano di poter risolvere in maniera autonoma, sottovalutano il problema ed entrano in un vortice. Subiscono una manipolazione e diventa complicato uscirne. Purtroppo si dice sì all’ultimo appuntamento che porta al tragico epilogo”

“Guardandomi indietro è stato un periodo tosto, davvero duro, ma i bambini hanno una bella forza e la capacità di adattarsi e vogliono stare bene. Resta il fatto che gli è stata tolta la cosa più preziosa che aveva: la mamma. È qualcosa di insostituibile. Io gli do tutto l’amore del mondo, è la mia vita. Con mia sorella ci frequentavamo tutti i giorni ed era già per me un figlio. Spesso mi soffermo a pensare all’ultimo bacio della buonanotte che gli ha dato la sua mamma”.

redazione

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