Edgardo Pistone si aggiudica il premio come miglior regista alla Settimana della Critica dell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Napoletano, classe 1990, ha presentato alla sezione Short Italia Cinema del Festival il suo cortometraggio Le Mosche ed ha portato a casa un prestigioso premio. Un successo desiderato che celebra una carriera, seppur giovane, ricca di tanti lavori e riconoscimenti.
Lo stesso corto, a distanza di una settimana dal successo di Venezia, ha ricevuto il Premio Campania, un altro merito che ben dimostra come il cinema di Pistone abbia carattere e qualità. Ma per chi ha visto Le Mosche, così come Un’ora d’amore, altro suo corto, ha già potuto notare il talento di Edgardo.
Con Le Mosche Pistone racconta l’adolescenza, con tutte le sue paure e i suoi dubbi e lo ha fatto attraverso la storia di un gruppo di amici che si lasciano cullare dalla realtà che circonda loro, che alternano momenti di euforia a quelli di rabbia, che tutti i ragazzi di quell’età vivono un turbine di emozioni che devono imparare a conoscere e quindi gestire. Giovani che con ingenuità si avvicinano al male senza conoscerne i pericoli. Cortometraggio quanto mai attuale, considerati gli ultimi tristi episodi di cronaca a cui abbiamo assistito.
Guai, però, a cercare una categorizzazione sociale o politica dei personaggi narrati da Pistone, che ha voluto scardinare, per quanto possibile, il suo racconto da un qualsivoglia contesto, provando a parlare solo dell’essenza e dell’esistenza di questi ragazzi. E a quanto pare c’è riuscito più che bene, conquistando Venezia. A chi gli chiede dei progetti futuri, lui ironizza. Cosa giusta. Del resto ora non è il momento di pensare, ma quello di godersi questo successo, lasciandosi cullare soltanto dalle emozioni, proprio come i protagonisti de Le Mosche.
Qual è la prima cosa a cui hai pensato quando hai ricevuto questo prestigioso premio?
Quando l’Ascoli butta la palla in rete a Torino contro la Juventus l’allenatore per evitare un calo di tensione da parte dei suoi giocatori dice “non pensiamo al goal, stiamo zero a zero”. Questa è la prima cosa che ho pensato, poi mi sono chiesto “sicuro che non è uno scherzo?”. Capito che non era uno scherzo e che non stavamo zero a zero il problema è stato trovare una giacca per ritornare a Venezia a ritirare il premio.
A chi lo dedichi?
Una lista interminabili di nomi: i miei attori prima di tutti. I miei amici (che mi hanno anche aiutato a fare il film) e la mia numerosissima famiglia (soprattutto a mio padre e mia madre) che al ritorno da Venezia mi hanno organizzato una festa per le strade del mio quartiere. Sembrava un film di Kusturica.
Nel tuo film parli di ragazzi che non riescono a entrare in contatto con la realtà che circonda loro, ti sei ispirato a uno scenario in particolare?
Quel sentimento tipico dell’adolescenza di non capire cosa succede intorno a te ancora mi deve abbandonare, una specie di ritardo della crescita che ancora oggi contraddice il mio rapporto con le cose. L’ispirazione è il frutto di tutte le cose che facevo da ragazzo e che faccio ancora. Perdere tempo a farmi delle domande e non capire come stanno veramente le cose.
Un successo strepitoso a cui si aggiunge il Premio Cinema Campania 2020, cosa vorresti suggerire ai giovani registi che, come te, si avvicinano al mondo del cinema?
Io pure sono un giovane regista in cerca di consigli, quindi non lo so, anche se dopo il riconoscimento tutti si sentono nella posizione di darmeli “stì”consigli. Ed è un po’ come il bacio della zia anziana che ti lascia la saliva sulla guancia: un gesto d’affetto un po’ fastidioso, ma pur sempre un gesto d’affetto.
Oggi Venezia…domani?
Non lo so. Sto diventando grande e non mi va, quindi domani mi alzerò comunque tardi.
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