Marina Addati, la 33enne napoletana accusata di aver tentato di uccidere la figlia di 3 mesi, è stata assolta perché il fatto non sussiste. Dopo due processi diversi, uno al tribunale di Napoli e l’altro a quello di Roma, e due anni in carcere, la donna rogne libera. Era stata accusata di aver provato ad uccidere le due figlie, una di 3 mesi e l’altra di 3 anni, con un cocktail fatale di psicofarmaci. I pm sono ricorsi in appello perché la Procura vuole vederci chiaro sul caso.
Nella storia di Marina Addati e di sua figlia Anna finora c’è un solo dato certo. A provocare le crisi respiratorie della bimba di tre anni che per mesi ha dovuto lottare tra la vita e la morte, prima a Napoli e poi a Roma, è stato il Midazolam, un potente sedativo che si usa come anestetico prima degli interventi chirurgici che è stato somministrato alla piccola mescolato al latte che beveva dal biberon. La principale indiziata è stata sin dal primo momento la madre. Ma lo scorso ottobre la donna è stata completamente scagionata. “Il fatto non sussiste”, la motivazione che hanno fornito i giudici.
La 32enne però è ancora sotto processo con l’accusa di aver avvelenato, nel dicembre del 2015, l’altra figlia, quella più piccola, facendole inalare grandi quantità di acido valproico, uno psicofarmaco utilizzato come stabilizzante dell’umore. Secondo i magistrati del Tribunale di Roma che esaminano il caso di Anna, però, la donna, affetta da problemi psichiatrici che nel frattempo ha perso la potestà genitoriale sulle sue tre le figlie, non avrebbe avuto le “competenze scientifiche” per somministrare intenzionalmente il medicinale alla bambina rischiando di ucciderla. Il verdetto dei medici dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, è stato chiaro: la bimba si è intossicata con il Midazolam. La stessa diagnosi viene fatta al al Bambin Gesù di Roma dove la bambina viene trasferita per continuare le cure prima di guarire definitivamente. Chi ha offerto il farmaco alla piccola, però, resta un mistero.
Secondo i periti del processo celebrato a Roma, i problemi respiratori che hanno messo in pericolo Anna potrebbero essere collegati al periodo di degenza presso l’ospedale Annunziata di Napoli. La donna, quando è stata arrestata nel 2017, ricostruisce il quotidiano online Fanpage, gli investigatori non ebbero dubbi.
Adesso però potrebbe emergere un’altra verità. A stabilire in che modo siano andati davvero i fatti saranno i giudici dell’appello dopo il ricorso della Procura che, come riferisce Il Tempo, vuole vederci chiaro sulla vicenda che ha per protagonista una bimba di appena tre anni, che nel 2015 ha rischiato di morire.
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