Grazie all’intimidazione, riuscivano a mantenere il controllo del territorio infiltrandosi, negli ultimi anni, anche nella pubblica amministrazione, condizionando il diritto di voto dei cittadini. Sono solo alcune delle accuse mosse dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli al clan Piccolo-Letizia, attivo a Marcianise, Caserta e Recale e in forte contrapposizione da circa 30 anni con l’altra potente cosca, quella dei Belforte, sgominato lunedì 8 aprile con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, nei confronti di 30 esponenti.
L’operazione è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Caserta e dal Reparto Prevenzione Crimine Campania. Il provvedimento restrittivo arriva al termine delle indagini nei confronti del clan Piccolo-Letizia e dell’analogo sodalizio denominato clan Perreca, ad esso federato, che hanno portato alla luce il modus operandi dell’organizzazione che dovrà difendersi dall’accusa di associazione per delinquere di tipo camorristico. Avvalendosi del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, il clan ha realizzato, in modo illecito, il controllo delle attività economiche, il rilascio di appalti e servizi pubblici, il rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative, l’illecito condizionamento del diritto di voto, il reinvestimento speculativo in attività imprenditoriali, immobiliari e finanziarie, l’affermazione del controllo egemonico sul territorio, anche attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni criminose rivali.
L’indagine fotografa la contrapposizione dei clan rivali sul territorio e la lunga scia di sangue che ne è conseguita nel ventennio dal 1990 al 2009 ed il successivo mutamento di strategia dei clan col passaggio dalla fase ‘armata’ a quella silente e virulenta dell’infiltrazione nel settore dell’imprenditoria. Le attività investigative, incentrate sulle intercettazioni dei colloqui in carcere e sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno offerto un rilevante spaccato delle tensioni interne al clan Piccolo, soprattutto tra la componente “Piccolo” e quella “Letizia”, negli anni successivi al 2005, allorquando, le numerose operazioni di polizia giudiziaria e il proliferare di collaboratori di giustizia nelle fila del clan Belforte segnavano il progressivo indebolimento di tale sodalizio e la progressiva ripresa delle attività del clan dei Quaqquaroni, nell’ambito del quale iniziavano frizioni tra le due fazioni, per contendersi il ruolo di leader. In uno dei colloqui captati in carcere, Achille Piccolo nonostante lo stato di detenzione, ribadiva al fratello Angelo Piccolo la sua leadership all’interno del clan Piccolo e la sua intenzione di non cedere ‘lo scettro del comando’ a nessuno.
E ancora, le indagini della DDA partenopea e della Squadra Mobile di Caserta hanno disvelato l’importanza per il clan dell’infiltrazione criminosa nello svolgimento di attività imprenditoriali lecite e del controllo di queste ultime. Non sono mancati, inoltre, nell’ambito di tali contrasti, attentati dinamitardi e incendi di autovetture, quale quella “di un compagno” dei Letizia, che Pasquale Piccolo, alias ‘Rockfeller’, commissionava al nipote Domenico Piccolo, al fine di affermare la propria supremazia sull’opposta fazione.
I destinatari della misura cautelare:
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