Ex Napoli si fa male in campo, la squadra lo minaccia: “Dacci i soldi o non giochi”

Una storia che sintetizza nel modo migliore lo stato in cui versa il calcio dilettantistico campano, dove alle parole date spesso non corrispondo i fatti. Capita così che una squadra di Eccellenza (quinta categoria del calcio italiano dopo serie A, serie B, Lega Pro e Serie D) tessera un giocatore e dopo due mesi non gli corrisponde nemmeno un euro degli stipendi pattuiti perché nell’ultime settimane l’atleta si è infortunato. E a nulla importa se le terapie le ha pagate di tasca sua il giocatore stesso, la serietà appartiene solo a poche squadre, non è una caratteristica presente in tutte.

La storia in questione è quella di Umberto Varriale, 27enne attaccante napoletano, cresciuto nelle giovanili del Napoli fino ad arrivare a racimolare allenamenti e una sola presenza con la prima squadra all’epoca allenata da Walter Mazzarri in una gara amichevole.

A fine luglio Varriale viene tesserato dal Cervinara, squadra irpina che milita nel campionato di Eccellenza. Viene considerato un acquisto da novanta perché ha sempre giocato in categorie superiori con le maglie di Avellino, Aversa Normanna, Acireale Calcio, Cavese, Sambenedettese, Torrecuso, Isola Liri, Gragnano, Picerno, Torres e Gladiator, eccezion fatta per l’anno precedente dove milità in Primozione calabrese con il Corigliano.

Intervistato da NotiziarioCalcio.com, portale che segue con attenzione le vicende relative al calcio dilettantistico nazionale, Varriale ha raccontato quello che è stato costretto a subire dalla sua nuova società.

L’INGAGGIO E L’ANTICIPO – “In estate ho trovato un accordo, a luglio, con il presidente Donato Trotta ed il suo sociuo Angelo D’Amelio. Accordo che io stesso ho sottoscritto e sul quale c’era l’assenso anche degli altri soci. Ero davvero contento di iniziare questa nuova avventura. Nell’accordo abbiamo stabilito che il compenso del mio contratto sarebbe stato pagato con un congruo anticipo ed il restante in sei rate a partire da ottobre”.

LE PRIME PARTITE – Varriale prosegue: “Così ho cominciato la preparazione il primo agosto insieme alla squadra. A settembre è cominciato il campionato. Alla prima sono partito dalla panchina ma nonostante ciò ho realizzato il mio primo gol subentrando. La seconda non l’abbiamo giocata perchè la gara con l’Agropoli fu rinviata. La terza di campionato riparto dalla panchina ma entro poi a fine primo tempo. Spezzo la gara, ho due buone occasioni da gol e sono contento perchè è evidente che la mia condizione sta raggiungendo il livello ottimale”.

L’INFORTUNIO – “Nella quarta partita – prosegue Varriale – parto titolare ma dopo dieci minuti mi infortuno: una piccola elongazione al l’adduttore. Stop di dieci giorni. Faccio l’ecografia e comincio le terapie. Sottolineo che le terapie le pago io perché la società solo due volte a settimana ci metteva a disposizione le terapie. Gli altri giorni ero costretto a curarmi a mie spese. Lo scorso 18 ottobre la sorpresa: la società paga la squadra. Dopo tre mesi di lavoro viene saldata la metà della metà di quanto dovuto”.

NIENTE STIPENDIO – “Io – racconta – non ricevo un soldo. Chiedo spiegazioni e mi viene detto che ero stato infortunato e la società ha ritenuto di non pagarmi. Dovevo mettermi in discussione perché loro si aspettavano tanto da me. Mi dicono di giocare e che poi avrebbero valutato. Era lapalissiano che non volevano pagarmi. A quel punto ho preso le mie cose e sono andato via perché era chiaro che i patti sottoscritti non valevano più per loro. Eppure è assurdo che un club non metta in preventivo che degli infortuni possono capitare, e poi avevo saltato solo due gare facendomi male giocando con il Cervinara non a casa mia.

“DACCI I SOLDI INDIETRO” – Il lunedì successivo ho deciso di andare in sede ad Avellino per chiarire. Nuova doccia fredda: si inventano che sono i tifosi a non volermi più per presunti miei atteggiamenti. Cosa che mi è stata smentita da più di un tifoso: pare che le cose stiano esattamente all’opposto. I tifosi si stanno spazientendo con la società e la loro politica perché da quando sono arrivati i soci di Avellino non fanno altro che business come dimostra il costo dei tagliandi lievitato fino a dieci euro. Come se non bastasse, dopo qualche giorno vengo ricontattato e minacciato telefonicamente: o restituisco i soldi dell’anticipo oppure minacciano di farmi stare fermo un anno”.

“HO TRE FIGLI” – Il racconto di Varriale si chiude con un amara riflessione: “Voglio dire a queste persone che fanno calcio senza soldi che stanno rovinando il nostro mondo. Mettono in difficoltà chi come me vive di questo sport, mantenendo la propria famiglia. Io ho tre figli. Non è però solo questo. Voi state spezzando la gioia di giocare di ognuno di noi. A me avete tolto il sorriso. Il calcio regala gioia ma nessuno potrà essere più felice fino a quando certe persone circoleranno nel mondo del calcio”.

redazione

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