Chiara e Michela sono state salvate dai due genitori, poi deceduti, durante la piena del torrente Raganello nel parco nazionale del Pollino in Calabria che ha provocato 10 morti e 11 persone ferite, di cui cinque in gravi condizioni. Mamma e papà non ce l’hanno fatta ma prima di morire, Antonio Santopaolo e Carmen Tammaro, coniugi di Qualiano (Napoli), hanno fatto da scudo con i loro corpi alle due bambine salvate successivamente dai soccorritori.
Carmen, originaria di Calvizzano, insegnava presso l’Ipia Marconi mentre Antonio era responsabile per il centro sud della catena Bricoman. I funerali della coppia di Qualiano si terranno giovedì 23 agosto con il sindaco del comune napoletano, Raffaele De Leonardis, che ha indetto una giornata di lutto cittadino. Previsto sempre per domani l’ultimo saluto a Maria Immacolata Marrazzo, la mamma di Torre del Greco in vacanza con il marito e i due figli (un maschietto e una femminuccia) proprio con la famiglia di Qualiano.
A raccontare quei drammatici attimi è Pasquale Gagliardi, dirigente medico dell’Elisoccorso di Cosenza, che ha soccorso la piccola Chiara, 8 anni. “Era in stato di ipotermia, con lesioni sul corpo e faticava a respirare a causa dell’acqua e del fango ingeriti. L’abbiamo trovata accanto a un cadavere. Non potrò mai dimenticare la sua piccola mano nella mia”. L’immagine della manina della piccola, coperta da fango e appoggiata sulla spalla di Gagliardi ha fatto il giro del mondo.
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Adesso Chiara è ricoverata in terapia intensiva all’ospedale Gemelli di Roma. Ha inghiottito acqua e fango sabbioso che le hanno riempito e ostruito i polmoni. I medici hanno deciso di indurle un coma farmacologico, per meglio praticare le cure di svuotamento degli alveoli polmonari. La prognosi resta riservata. La sorella Michela, di 12 anni, sta meglio ma è sotto choc all’ospedale di Castrovillari.
“Pur di salvare la piccola -racconta – abbiamo operato in hovering, una manovra che prevede uno stazionamento a punto fisso rispetto al suolo ad altitudine costante, senza poggiare a terra. Quello che mi ha addolorato di più sono state le urla dei parenti nel vedere i corpi a terra, ma nessuno ha avuto il coraggio di chiedermi se erano vivi o morti”.
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