Una stagione che resterà da incorniciare a prescindere da come termineranno le prossime tre partite. C’è il serio rischio di ritrovarsi secondi in classifica con oltre 90 punti. Ma tant’è. Il campionato è andato e gare come quella di sabato sera a San Siro tra Inter e Juve rappresentano il manifesto funebre di questo seguitissimo sport.
Una vergogna alla quale anche il Napoli alla fine ha ceduto. Già era capitato il 3 marzo scorso: la Juve vinse tra le polemiche (e al novantesimo) in casa della Lazio, il Napoli entrò in campo dopo un’ora ma aveva la testa altrove e la Roma portò a casa tre punti facili facili. Ebbene, nonostante il precedente, nonostante la rimonta quasi completata domenica scorsa in casa della Juve, il Napoli oggi ha mollato, non è entrato in campo.
Ha deciso di non giocare una partita che, in caso di vittoria, li avrebbe riportati a -1 da quella squadra che, in un modo o nell’altro, vince sempre. Ha tirato i remi in barca sin da subito e non è un caso che l’eroe di sette giorni fa, Koulibaly, sia stato il primo ad uscire dal campo.
Con l’uomo in meno, la squadra è rimasta coerente e ha continuato a non giocare. Errori, disattenzioni, poca voglia nel rincorrere gli avversari (Allan a parte), sbadigli, noia. Insomma, il Napoli dopo la vergogna di ieri sera a San Siro ha deciso di non auto-escludersi.
Vi sembra giusto come atteggiamento?
Assolutamente no. La squadra va si ringraziata, così come stanno scrivendo e sostenendo tutti, ma anche rimproverata perché ha mollato anzitempo, non ha reagito cedendo a un comprensibile vittimismo che però non caratterizza chi vuol fare la rivoluzione.
Ad alzare bandiera bianca sono stati proprio i giocatori azzurri e Maurizio Sarri. I primi decidendo di non giocare contro la Fiorentina, il secondo invece rendendosi protagonista di una decisione che rinnega tutto il suo credo, la sua filosofia: sostituire, dopo il rosso a Koulibaly, Jorginho (e non Hamsik o un esterno) con Tonelli. Togliere dal campo il faro, la mente, il regista del Napoli.
Sarebbe stato opportuno continuare a giocare, a vincere, a macinare record su record per poi arrendersi magari allo strapotere extra-campo dei maestri di sensibilità. Sarebbe stato opportuno continuare a stargli col fiato sul collo perché nelle prossime tre partite, oltre a Bologna e Verona in casa, Pjanic e i suoi compagni di arti marziali dovranno far visita alla Roma.
Certo, la Roma magari potrebbe già avere in tasca la Champions. O magari preferirebbe – così come sostenuto da alcuni suoi tesserati – che a vincere lo scudetto fosse sempre la Juve e non magari una squadra come il Napoli (perché “seno’ rosichiamo“). Ma almeno bisognava metterli uno di fronte all’altro e vedere cosa poteva mai accadere. Invece abbiamo tirato i remi in barca, piegandoci a questo sistema che finirà con l’allontanarci sempre di più da questo meraviglioso gioco.
Abbiamo tirato i remi in barca come Aurelio De Luarentiis. Lui in realtà negli ultimi mesi si è visto davvero poco. Non sappiamo cosa abbia ma sicuramente il suo silenzio e la sua non presenza hanno, seppur in minima parte, inciso.
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