E’ una storia triste, agghiacciante, che toglie equilibrio a quanto di giusto possa esistere in questo mondo. La strage del pastificio Russo accende i fari su uno degli scenari di guerra tra clan nel territorio tra Pomigliano d’Arco e Casalnuovo, una guerra che come tutte le guerra fa delle vittime, in questo caso innocenti. Si chiamano Alberto Vallefuoco, 24 anni, Rosario Flaminio 24 anni e Salvatore De Falco 21 anni.
Le tre vittime che quel lontano 20 luglio del 1998, in Via Nazionale delle Puglie a Pomigliano D’Arco, nella zona nord-est di Napoli, vengono falciate dalle armi del clan sono la testimonianza di una terra di fuoco e sangue sulla quale l’innocenza spesso paga il prezzo più alto. I tre amici sono in pausa e hanno appena preso un caffè al bar nei pressi del pastificio Russo dove lavorano, come sempre, quando una macchina con a bordo tre sicari si ferma e ne esce un commando armato che scarica su di loro i colpi di kalashnikov. Un errore, uno scambio di persone che costa la vita a tre giovani che con la camorra non avevano nulla a che fare. Sono stati scambiati per tre persone appartenenti al clan rivale a quello dei killer ovvero del clan Cirella, ai tre emissari delle estorsioni al pastificio cioè il vero obiettivo dei killer.
Dopo diverso tempo, grazie alle dichiarazioni di un pentito, la magistratura scopre la verità e trova i colpevoli della strage. Per il triplice omicidio sono stati condannati all’ergastolo Modestino Cirella, Giovanni Musone, Pasquale Cirillo, Pasquale Pelliccia e Cuono Piccolo come mandanti ed esecutori. Bruno Vallefuoco, il padre di Alberto, in un’intervista per la docu-serie “Camorriste” in onda su Crime-Investigation ha dichiarato:
“Mio figlio e i suoi amici non si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato – come molte persone spesso dicono-, sono “loro”, quelli che li hanno uccisi, che si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato. Sono loro che se ne devono andare”.
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