Confermati gli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio volontario per Giuseppe Varriale, il 24enne di Mugnano ritenuto secondo gli investigatori responsabile della morte di Alessandra Madonna, l’ex fidanzata 24enne originaria di Melito, deceduta per le gravi ferite riportate alla testa dopo essere stata trascinata dall’auto di Varriale. Il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza presentata dal legale difensore del 24enne, l’avvocato Nicola Pomponio, che aveva chiesto la scarcerazione del suo assistito e la riqualificazione del reato da omicidio volontario a omicidio colposo.
“Sono stato interrogato per la prima volta dai carabinieri quando ho portato Alessandra all’ospedale e poi una seconda volta dal Gip, quando mi è stato convalidato l’arresto. La versione che ho dato è sempre la stessa, perché è la verità. Era la notte tra il 7 e l’8 Settembre, era verso mezzanotte o mezzanotte e mezza. Io ed un mio amico andavamo in un locale dove si festeggiava un compleanno. In questo locale lavorava anche Alessandra. Ci siamo divertiti e quando Alessandra ha finito con il lavoro, ci ha raggiunto al nostro tavolo, dove c’erano parecchi amici in comune ed abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Verso le 2:30, finita la festa, io ed il mio amico, che dovevo accompagnare a casa, ci siamo messi in macchina per raggiungere Mugnano dove abitiamo entrambi. Ad un tratto ad un semaforo ho incrociato la macchina di Alessandra, il mio amico può confermare che si è affiancata con l’auto e mi ha chiesto di fermarmi, perché voleva parlare. Mi aveva chiamato un sacco di volte quella sera Alessandra ed anche nei giorni precedenti non mi dava tregua. Io invece volevo chiudere definitivamente con lei, per me la storia era finita definitivamente. Dopo aver accompagnato il mio amico a casa, arrivo al cancello del palazzo dove abito e trovo la macchina di Alessandra parcheggiata davanti. Io apro col telecomando il cancello e mi rendo conto che lei mi segue a piedi. Ero stanco e non la volevo proprio affrontare. Ma non potevo scappare, né entrare nei box: lei stava arrivando. Ho fatto inversione, volevo uscire più in fretta possibile dal palazzo ed evitarla. A quel punto Alessandra si avvicina alla mia portiera, io abbasso il finestrino, lei mi chiede più volte di fermarmi. Io provo a dirle che non ho voglia di discutere. Le chiedo di allontanarsi, perché io sarei andato via. Mi sembra che sia successo tutto in pochissimi secondi: accendo l’auto, faccio due metri, forse tre, poi sento un rumore strano come dei tacchi sull’asfalto. Allora mi fermo, guardo dallo specchietto, non vedo Alessandra.
Non capisco. Scendo, la vedo ed è svenuta. Attorno ha sangue. Non ho capito più nulla, ero come sotto shock, sconvolto; non sapevo cosa fare, ma l’ho sollevata, l’ho messa in auto, prima davanti, ma non ci stava, allora l’ho messa nel sedile dietro, e sono corso in ospedale a Giugliano…”.
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